Perché alcuni positivi sono asintomatici e altri rischiano forme gravi di Covid
Perché alcune persone positive al coronavirus sono asintomatiche? E perché altre rischiano di sviluppare una forma grave di Covid-19? Nel cercare la ragione di questa forte disomogeneità, i ricercatori hanno osservato che diversi fattori possono spiegare perché, oltre ai pazienti che mostrano febbre, tosse, difficoltà respiratorie e altri segni della malattia, molte persone non presentano sintomi di infezione oppure sviluppano una forma lieve o moderata della malattia. Si è scoperto, ad esempio, che alcune forme gravi possono essere spiegate da condizioni immunologiche e genetiche, da patologie croniche preesistenti e da altri fattori come l’età avanzata e il sesso maschile. Meno chiare, invece, le componenti che determinano una risposta asintomatica all’infezione, in parte perché solo pochi studi hanno riguardato persone senza particolari segni clinici della malattia.
La differenza tra casi asintomatici e forme gravi di Covid
Una nuova ricerca, pubblicata su Nature Medicine, ha però fatto luce su questa diversa risposta all’infezione, identificando una sostanziale differenza tra asintomatici e persone che hanno manifestato una reazione più grave all’infezione. A condurla è stato un team di ricerca internazionale che ha coinvolto gli studiosi del Wellcome Sanger Institute, della Newcastle University, dell’University College di Londra, dell’Università di Cambridge e dell’European Bioinformatics Institute del Laboratorio europeo di biologia molecolare (EMBL-EBI) nell’ambito dell’iniziativa Human Cell Atlas, il progetto scientifico volto a descrivere tutti i tipi di cellule del corpo umano. Nella nuova analisi, orientata a capire come le diverse cellule immunitarie rispondono all’infezione, il gruppo di ricerca ha esaminato 130 campioni di sangue di persone positive a Sars-Cov-2 con quadro clinico che variava da asintomatico a criticamente grave. L’esame, abbinato a una valutazione dettagliata delle proteine e dei recettori presenti sulla superficie cellulare ha rivelato discordanze qualitative e quantitative nei tipi di cellule immunitarie coinvolte nella risposta all’infezione.
Nel dettaglio, nelle persone senza sintomi, il team ha riscontrato un aumento dei livelli di cellule B che producono anticorpi e, d’altra parte, una carenza di queste stesse cellule nelle persone con sintomi gravi. Il team ha anche osservato che mentre i pazienti con sintomi da lievi a moderati avevano alti livelli di cellule B e cellule T helper, le persone con sintomi gravi mostravano una mancanza di queste cellule immunitarie e, al contrario, un aumento incontrollato dei monociti e dei linfociti T killer, i cui livelli elevati possono portare a infiammazione polmonare. I pazienti più gravi, inoltre, avevano anche più cellule che producono piastrine, aumentando il rischio di coaguli nel sangue.
Risultati che, nel complesso, forniscono una spiegazione del modo in cui l’infezione da coronavirus determina un diverso quadro clinico nei pazienti, rivelando differenze immunologiche che possono permettere di identificare le persone con un più alto rischio di sviluppare forme di Covid-19 moderate e gravi, nonché di individuare nuovi bersagli terapeutici per proteggere i pazienti dall’infiammazione e da alcune delle complicanze della malattia.
“Questo è uno degli studi più dettagliati finora condotti sulla risposta immunitaria nell’infezione da coronavirus e inizia ad aiutarci a capire perché alcune persone si ammalano più gravemente mentre altre combattono il virus senza nemmeno sapere di averlo – ha affermato Menna Clatworthy, autrice senior della ricerca e docente di immunologia traslazionale presso l’Università di Cambridge e la Facoltà associata del Wellcome Sanger Institute – . Si tratta quindi di una nuova conoscenza che può portare a identificare obiettivi specifici per la terapia dei pazienti che si ammalano di Covid-19”.