Perché alcune persone positive al coronavirus sono asintomatiche?
Uno degli aspetti meno chiari di questa pandemia di Covid-19 è quello relativo alle diverse manifestazioni dell’infezione da Sars-Cov-2: fin dai primi mesi di emergenza sanitaria si è compreso che oltre ai pazienti che mostrano febbre, tosse, difficoltà respiratorie o altri sintomi della malattia, una parte delle persone può non presentare segni di infezione. In altre parole, esiste la possibilità di essere positivi al coronavirus ma non avere alcun sintomo di Covid-19, per cui l’unico modo di sapere se si è infetti ma asintomatici è quello di sottoporsi a un test antigenico o un tampone. Tuttavia, anche senza sviluppare i segni della malattia, chi è positivo al Sars-Cov-2 può comunque esporre le altre persone al rischio di infezione. Ed è proprio per questo motivo che i ricercatori stanno concentrando i loro sforzi nella comprensione di questa condizione, sperando di trovare un modo per contrastare l’impatto della diffusione asintomatica del virus.
Perché alcune persone sono asintomatiche?
La risposta arriva da un team di ricercatori dell’Università di Aarhus in Danimarca che ha focalizzato la sua attenzione su quanto avviene all’interno dei nostri polmoni in presenza di un’infezione. “Nei polmoni – spiegano gli studiosi – ci sono cellule immunitarie specializzate, chiamate macrofagi alveolari, che sono presenti in gran numero, con la capacità di riconoscere le particelle estranee (compresi i microrganismi) e di distruggerle”. Questi macrofagi alveolari aiutano quindi a “mantenere un ambiente sano” all’interno dei polmoni e, probabilmente, sono anche il primo tipo di cellula che viene a contatto il virus.
Quando il nostro corpo riconosce un’infezione virale, il sistema immunitario avvia la produzione di interferoni, un tipo di citochine essenziale nella lotta contro il patogeno. È inoltre stato dimostrato che i macrofagi alveolari producono grandi quantità di interferoni in caso di infezione da virus respiratori, come quelli influenzali. “Anche Sars-Cov-2 è un virus respiratorio che tipicamente infetta lo strato cellulare più esterno dei polmoni, lo strato epiteliale” puntualizzano i ricercatori che hanno però osservato come la produzione di interferoni nelle cellule epiteliali infette possa essere inibita dal nuovo coronavirus. “Ciò si traduce in una bassa produzione di interferone e quindi anche una limitata attivazione del sistema immunitario per combattere il virus”.
Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno isolato i macrofagi alveolari dal lavaggio polmonare e hanno esaminato la loro risposta in presenza del virus Sars-Cov-2. I risultati dell’analisi, pubblicati sulla rivista EMBO Reports, hanno indicato che Sars-Cov-2 è in grado di sfuggire al riconoscimento dei macrofagi alveolari, non inducendo così la produzione di interferoni. “Questo è il motivo per cui non ci sarà attivazione del sistema immunitario nelle prime fasi di un’infezione da Sars-Cov-2, consentendo al virus di diffondersi ulteriormente nella comunità prima che si manifestino sintomi” evidenziano gli studiosi, sottolineando la necessità di ulteriori ricerche per capire i meccanismi biologici attraverso cui Sars-Cov-2 è in grado di mimetizzarsi ed eludere il riconoscimento da parte dei macrofagi alveolari.