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Covid 19

Perché al ristorante e al bar resta il limite di 4 persone per tavolo

Il chiarimento del Ministero della Salute sul numero di commensali che possono sedere allo stesso tavolo frena sulla possibilità di organizzare grandi tavolate a pranzo o a cena, sia all’aperto sia al chiuso. Perché mantenere questa soglia? E quali sono i rischi associati al consumo di cibi e bevande tra non conviventi?
A cura di Valeria Aiello
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Al ristorante, così come in pizzeria, al pub, nei bar e nelle pasticcerie, resta il limite di 4 persone per tavolo. Lo ha chiarito il Ministero della Salute con una precisazione in cui specifica che il consumo allo stesso tavolo è consentito per un massimo di 4 persone, salvo che i commensali non siano tutti conviventi. La norma che, in un primo momento, sembrava fosse stata superata dalle nuove regole per la ripresa delle attività economiche, rimarrà dunque in vigore sia in zona gialla sia in zona bianca, escludendo almeno in questa fase la possibilità di organizzare grandi tavolate all’aperto o al chiuso. Perché? E quali sono i rischi associati al consumo di cibi e bevande a stretto contatto con le altre persone?

Le attività a più alto rischio Covid

Ciò che accomuna tutte le attività di ristorazione è l’impossibilità di indossare la mascherina quando si mangia o si beve. Anche nei giorni scorsi, quando erano emerse le linee guida diramate dal Comitato tecnico scientifico, quello legato all’uso della mascherina era risultato il nodo più complesso da sciogliere, tanto da portare addirittura all’ipotesi di indossarla tra una portata e l’altra. Un’idea – che non è passata – e che ha evidenziato in pieno la problematica relativa al consumo di cibi e bevande con altre persone in situazioni in cui può risultare difficile mantenere il distanziamento interpersonale, come quando ci si trova seduti insieme a tavola.

La misura del rischio è ovviamente associata ai diversi contesti (ad esempio, quando ci si trova all’aperto e in luoghi ben ventilati, il pericolo di contrarre l’infezione risulta inferiore) ma ciò non toglie che frequentare altre persone potenzialmente infette e asintomatiche comporta una certa dose di rischio che, nell’ambito della strategia di riaperture adottata in Italia, si sta cercando di minimizzare.

Il problema della mascherina

Guardando agli studi che hanno identificato le attività più rischiose e, in particolare a un’indagine condotta nel luglio del 2020 e pubblicata dai CDC statunitensi sul Morbidity and Mortality Weekly Report, è stato riscontrato che gli adulti risultati positivi al coronavirus in quel periodo avevano circa il doppio della probabilità di aver cenato in un ristorante nei 14 giorni precedenti alla comparsa dei sintomi di Covid-19. E, parlando sempre di probabilità, questo stesso studio ha inoltre evidenziato che non sono state riscontrate differenze significative in riferimento ad altre attività, come fare shopping, andare in ufficio oppure dal parrucchiere, ovvero quando si frequentano luoghi dove le mascherine vengono sempre indossate, a differenza dei locali dove si consumano cibi e bevande.

In altre parole, non indossare la mascherina è una delle situazioni con più alto potenziale di trasmissione, come dimostrato anche da un’altra indagine pubblicata sempre sul Morbidity and Mortality Weekly Report che ha rilevato come gli incontri con persone esterne al nucleo familiare durante attività sociali in cui si hanno minori possibilità di indossare la mascherina o rispettare la distanza sociale siano associati a un maggior numero di contagi, confermati dall’esito positivo dei test per Sars-Cov-2.

Il limite di 4 persone per tavolo

Con l’evolvere della pandemia, è dunque ormai chiaro che l’uso regolare della mascherina mitiga il rischio di contagio e che tutti i comportamenti o le attività sociali che non permettono di indossarla (come appunto mangiare o bere con altri commensali) sono associati un aumento della probabilità di contagio.

Pertanto, la decisione di limitare a quattro persone il numero massimo di commensali è una precauzione che, nell’ambito di una strategia di prevenzione, è adattata all’attuale contesto italiano, sulla base della situazione epidemiologica che sta evolvendo in modo favorevole (portando alle riaperture), ma senza perdere di vista il potenziale di trasmissione residuo, oltre che le vaccinazioni, che finora hanno coperto con due dosi appena il 20% delle persone. E che, nel dettaglio, hanno interessato principalmente alcune fasce della popolazione (anziani e più fragili) che con più probabilità sono quelle meno propense a questi momenti di aggregazione.

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