Parlare, urlare e tirare calci nel sonno: cos’è il disturbo comportamentale del sonno REM
Parlare, urlare, scalciare e dare pugni quando si è addormentati sono solo alcuni dei sintomi del disturbo comportamentale del sonno REM. Ma di cosa si tratta? Vediamo insieme i dettagli di questa condizione, come mai alcuni ne soffrono e chi sono le persone più a rischio, grazie allo studio intitolato ‘Risk factors for possible REM sleep behavior disorder’ e pubblicato sulla rivista Neurology.
Cos’è il disturbo comportamentale del sonno REM. Partiamo con lo spiegare cosa c’è da sapere sul sonno REM. Durante questa fase, il nostro cervello invia segnali che impediscono il movimento dei muscoli, segnali che sono interrotti in chi soffre di disturbo comportamentale del sonno REM e che dunque si comportano in modo violento e incontrollato mentre dormono, ad esempio urlando, scalciando o tirando pugni, con il conseguente rischio di far male a loro stessi e a chi dorme con loro.
Cosa provoca questo disturbo. Per comprendere cosa possa provocare questo disturbo, ancora poco conosciuto, gli esperti hanno preso in analisi 30.097 persone di età media 63 anni e tra questi hanno selezionato coloro che riportavano sintomi del disturbo comportamentale del sonno REM. Dai dati raccolti è emerso che coloro che assumevano antidepressivi erano 2,5 volte più a rischio di sviluppare il disturbo, che il 13% di coloro che già ne soffriva assumeva antidepressivi (diversamente rispetto al 6% di coloro che non ne soffrivano). Inoltre, i pazienti con il disturbo erano 2,5 volte più a rischio di sviluppare un disturbo post-traumatico da stress, il doppio di sviluppare malattie mentali e 1,5 volte di soffrire di disagio psicologico. Insomma, secondo gli esperti, i farmaci antidepressivi giocano un ruolo nello sviluppo del disturbo comportamentale del sonno REM.
Uomini più a rischio. Gli esperti sottolineano inoltre chi gli uomini hanno il doppio delle possibilità di sviluppare il disturbo comportamentale del sonno REM. Le informazioni raccolte dimostrano inoltre che i soggetti con il disturbo erano il 25% delle volte consumatori abituali di alcol.