Opzione Spazio: creare benessere, occupazione e crescita puntando alle stelle
Dare un premio Nobel per la pace alla Stazione Spaziale Internazionale? È solo una delle tante “provocazioni” lanciate a Città della Scienza, a Napoli, nel primo importante evento dopo l’incendio dello scorso 4 marzo. Un evento che parla, non a caso, di Rinascimento: dal rinascimento di Città della Scienza a quello di Napoli e del paese, per arrivare – letteralmente – alle stelle. Nasce infatti la sezione italiana di Space Renaissance International, un’iniziativa che, in un momento di grave difficoltà economica mondiale, sostiene che la strada per la rinascita mondiale debba passare per un settore strategico, quello spaziale, che negli ultimi anni ha subito troppi tagli e ridimensionamenti. Proprio dalla Campania, che negli ultimi mesi ha ospitato tra gli altri l’Expo mondiale dello spazio, il workshop internazionale sulle Scienze Spaziali dell’AIDAA, e il meeting ministeriale dell’ESA, l’impresa spaziale sta ripartendo, come hanno voluto sottolineare Mario Raffa, direttore dell’edizione 2012 di Futuro Remoto, la manifestazione di Città della Scienza che l’anno scorso è stata dedicata proprio allo spazio, e Giuseppe Morsillo, dirigente dell’ESA, che nei giorni scorsi ha portato al science centre di Bagnoli il sostegno sia economico che strategico dell’Agenzia spaziale europea.
Il futuro perduto
La Stazione Spaziale Internazionale (ISS), sostiene Simonetta Di Pippo, dirigente dell’ASI, già responsabile del corpo astronauti europeo, merita un Nobel perché si tratta della più grande opera ingegneristica mai realizzata dalla civiltà umana in tempo di pace. Lì, nell’orbita bassa del nostro pianeta, la ISS sta a sottolineare come il settore spaziale non sia solo una sfida scientifica e ingegneristica, ma la chiave di volta di una nuova filosofia per interpretare il ruolo dell’umanità nel XXI secolo. Uno strumento di collaborazione tra le nazioni, ma anche l’avamposto da cui far ripartire l’espansione umana nello spazio, interrottasi dopo la conquista della Luna. “L’obiettivo a lungo termine è per il momento poter visitare e permanere sulla superficie di Marte”, ha spiegato la Di Pippo nel suo intervento, “pianeta appena fuori della zona abitabile del nostro Sistema Solare, che sarà forse l’unico posto dove l’umanità potrà andare a rifugiarsi quando il nostro Sole, nella sua vita tipica di nana bianca, comincerà ad espandersi e a riscaldare, e inghiottire, tutti i pianeti sino alla Terra compresa, prima di collassare e raffreddarsi per divenire, appunto, una palla fredda”. Prospettive a lunghissimo termine, un futuro non remoto ma remotissimo. Che però inizia già oggi: “L’uomo o la donna che metterà piede per primo sul pianeta rosso è già nato”, afferma Simonetta Di Pippo.
Per la verità, doveva già essere nato molto tempo fa. È quel che sostiene Marco Bernasconi, intervenuto in videoconferenza da Zurigo, dov’è consulente spaziale. “Che fine hanno fatto le nostre auto volanti?”, si chiede provocatoriamente, domandandosi perché il futuro immaginato negli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo, fatto di colonie sulla Luna e su Marte, di stazioni spaziali con gravità artificiale e, appunto, di auto volanti, sia rimasto confinato alle illustrazioni visionarie delle riviste di fantascienza. La proposta è di prendere in seria considerazione “l’opzione spaziale”, l’uso cioè delle risorse nel nostro ambiente cosmico per lo sviluppo sostenibile dell’umanità del XXI secolo. All’inizio del terzo millennio, spiega Bernasconi, “la sola alimentazione necessiterà di più del 10% del prodotto totale della biosfera in termini di energia equivalente; considerando ulteriori usi diretti di biomassa (legna, fibre, resine, e basi per bevande) si aggiungono altri cinque punti percentuali”. Per non parlare dell’energia, sempre più necessaria e sempre meno disponibile: “Uno sguardo alle risorse di energia e di materiali nello spazio ora tecnologicamente accessibile (cioè, lo spazio geolunare) ne dimostra l’abbondanza, anche oltre un orizzonte a breve termine”.
Il rinascimento spaziale
Rino Russo, promotore della manifestazione e membro del consiglio direttivo di AIDAA, l’Associazione italiana di aeronautica e astronautica, guarda ben oltre l’orizzonte a breve termine: “Il nome Futuro Remoto è significativo: sono le prospettive di lungo termine che ci interessano”, specifica Russo, che ha voluto quest’evento come continuità con la mostra di Futuro Remoto, andata distrutta nell’incendio del 4 marzo. “L’approccio di oggi allo spazio è molto orientato a un aspetto di carattere scientifico, si costruiscono laboratori nello spazio, grandi stazioni, ma sempre in un’ottica di ricerca. Prima o poi, però, bisognerà cambiare atteggiamento: andare a vivere nello spazio”. E per farlo bisogna considerare il quarto ambiente, lo spazio, non solo come ambiente dove fare ricerca, ma anche dove fare industria, produzione, sviluppo economico, idee che erano nate proprio a Napoli agli inizi degli anni ottanta. “Dalla catastrofe del Challenger nel 1986 di questi obiettivi non se n’è più parlato: nessuno più parla di industrializzazione dello spazio. Space Renaissance dice una cosa apparentemente banale, ma fondamentale: noi uomini guardiamo alla Terra come a un sistema chiuso, mentre oltre la Terra, su cui oggi ci sono sette miliardi di esseri umani, proprio dietro l’angolo, nello spazio, ci sono risorse enormi da utilizzare. Puntare direttamente all'espansione della civiltà nello spazio porterà benessere, occupazione e crescita; ed il primo obiettivo da portare a compimento è la diffusione di sistemi di accesso allo spazio semplici e routinari, capaci di soddisfare anche il mercato del turismo spaziale e quello del volo ipersonico di tipo business, sui quali anche l’Italia e Napoli si cimentano da tempo”.
Non colonizzazione, ma espansione: il ruolo dell'Uomo nello spazio
Per questo non è nemmeno giusto parlare di una “colonizzazione” dello spazio, come ha tenuto a precisare Ferruccio Diozzi, sociologo e presidente dell’associazione Amici di Città della Scienza: “Come è noto il termine latino colonia sta ad indicare una terra da coltivare: sappiamo che, sia nell’antichità classica che nell’epoca moderna, le colonie stabilite in varie aree della terra svolsero compiti complessi, diventando, in molti casi, puri territori di preda da parte dei colonizzatori, in altri ambienti di sviluppo per nuove visioni del mondo e, successivamente, per nuove formazioni statuali”. Non è questo, evidentemente, il modello da seguire per l’espansione umana nello spazio: “La progressiva abitabilità dello spazio sta infatti permettendo notevoli ritorni economici al consorzio umano grazie alle ricadute delle scoperte scientifiche e tecnologiche che hanno avuto impatto in ogni ambito della vita sociale con un meccanismo diverso da quello definito, in passato, dalla coppia ‘madre patria – colonia’… l’emergere di nuovi attori sulla scena mondiale, dalla distribuzione delle tecnologie, per certi versi indipendente dai motori politici, spingono a parlare di un ‘policentrismo’ nell’approccio allo spazio che esclude rapporti statali privilegiati”.