Obesità, andare a lavoro in auto incrementa il rischio morte per chi ha qualche chilo in più
Le persone obese che fanno i pendolari in auto rischiano di morire il 32% in più per qualsiasi causa rispetto a coloro che sono normopeso e che vanno a lavorare a piedi o in bicicletta, questa è la conclusione a cui sono arrivati gli scienziati della University of Glasgow che ci spiegano i dettagli della loro ricerca. Ecco cosa c’è da sapere sul rischio morte legato all’obesità e alla vita da pendolare.
Studi precedenti. Studi precedenti, realizzati su un campione di britannici, hanno dimostrato che i pendolari che si spostano in bicicletta, rischiavano il 50% in meno di morire per qualsiasi causa e di malattie cardiache rispetto ai pendolari che si spostano in auto. Poiché il 57% degli uomini e il 66% delle donne nel Regno Unito sono sovrappeso o obesi, una condizione questa legata a una serie di scarsi risultati sanitari, gli scienziati si sono chiesti cosa cambiasse a livello di aspettativa di vita in base alle diverse modalità di spostamento (auto, bici, a piedi).
Lo studio attuale. I dati raccolti per il nuovo studio sono stati raccolti da 163.149 partecipanti alla Biobanca UK, che sono stati seguiti per una media di 5 anni, la cui fascia di età era compresa tra 37 e 73 anni e di cui il 50,8% erano donne. Gli scienziati hanno considerato obeso un soggetto con un indice di massa corporea (BMI) (kg/m2) superiore a 30. Quanto invece ai dati relativi agli spostamenti dei pendolai, è stato chiesto loro di tenere un diario all’interno del quale specificare le modalità di spostamento, quindi pendolari di auto, a piedi e in bicicletta (attivo- misto), solo in bicicletta e solo a piedi.
I risultati. Lo studio ha riportato che tra i partecipanti 2.425 sono morti mentre 7.973 hanno sviluppato malattie al cuore. Mettendo a confronto i soggetti obesi e il loro spostamento da pendolari e i soggetti sani con il loro spostamento da pendolari, è emerso che le persone obese che vanno a lavoro in auto rischiano il 32% in più di morire prematuramente, il doppio di morire di malattie al cuore e il 59% in più di malattie al cuore non fatali.