Niente Big Bang: l’universo fu il frutto di un passaggio di stato?
Prendiamo in considerazione un liquido, per esempio l’acqua. A un certo punto, quando la temperatura ambientale scende al di sotto di 0°, l’acqua si congela diventando ghiaccio. I fisici chiamano questo fenomeno “passaggio di stato” o “transizione di fase”, e ora qualche fisico teorico visionario sostiene che anche il nostro universo abbia subito una simile transizione. L’origine dell’universo, cioè, consisterebbe nel passaggio da uno stato liquido a uno stato di congelamento in cui le quattro dimensioni in cui viviamo – tre spaziali e una temporale – si sono improvvisamente cristallizzate. Niente Big Bang, in altre parole, ma un “Big Freeze”, un grande congelamento, all’origine di tutto.
L'universo congelato
Negli ultimi decenni sono state avanzate numerosissime teorie alternative rispetto al modello del Big Bang. Dato per certo che il nostro universo ebbe inizio 13,7 miliardi di anni fa o giù di lì da un punto estremamente concentrato di materia – perché così indicano le osservazioni, secondo cui il nostro universo è in espansione – resta da chiedersi cosa sia questo Big Bang e cosa ci sia stato prima. La teoria classica di matrice einsteiniana prevede che il Big Bang sia un punto di dimensioni quasi nulle ma di densità infinita, una “singolarità”, come quella al centro dei buchi neri. Lo spazio e il tempo, che Einstein dimostrò essere strettamente legate, sarebbero nate con il Big Bang (come molti ricorderanno, però, Einstein accettò solo tardivamente il concetto di Big Bang e di universo in espansione, perché inizialmente non credeva alle stesse conseguenze delle sue equazioni, e sosteneva l’idea di un universo eterno e immutabile).
Il principale autore di questa nuova teoria, James Quach, dell’Università di Melbourne, in Australia (di prossima pubblicazione su Physical Review D), ritiene che sia anche possibile dimostrarla attraverso particolari osservazioni astrofisiche e cosmologiche. Se l’universo è passato da una fase amorfa, come quella di un liquido, a una fase più ordinata, come quella del ghiaccio cristallizzato, ci si dovrebbe aspettare di osservare delle rotture, delle spaccature come le crepe che si formano nel ghiaccio quando l’acqua si congela. Queste crepe potrebbero essere individuate con gli attuali strumenti di osservazione, perché verrebbero evidenziate dalla luce o da altre particelle quando vi passano attraverso nel loro viaggio nel cosmo. Giunte sulla Terra, fotoni o altre particelle mostrerebbero qualcosa che non va, qualche difetto nella struttura dello spazio-tempo.
I mattoncini dello spazio-tempo
La prima versione di questa teoria è stata elaborata nel 2006 da alcuni studiosi di frontiera del Perimeter Institute, in Canada, particolarmente devoto ai nuovi approcci nell’ambito della fisica fondamentale, opposti a quelli oggi di moda ricadenti nell’ambito della teoria delle stringhe. L’idea è che la geometria dello spazio-tempo a quattro dimensioni scoperta da Albert Einstein non sia fondamentale, ma che lo spazio-tempo sia piuttosto costituito da “mattoncini”, unità discrete come i quanti. Così come la materia ci appare un tutt’uno, ma è invece composta da atomi, allo stesso modo lo spazio-tempo sarebbe solo apparentemente continuo, ma in realtà composto da mattoncini come i Lego. Questi ultimi sarebbero stati inizialmente “fusi” in uno stato simile all’acqua liquida, privi cioè di struttura. Il momento del Big Bang sarebbe rappresentato allora da una loro cristallizzazione, il cui frutto sarebbe stato poi l’emergere della geometria quadrimensionale dello spazio-tempo che conosciamo.
L’idea che lo spazio-tempo sia costituito da unità discrete non è nuova, ed è parte di alcune teorie che cercano di applicare la fisica quantistica alla teoria della gravità, notoriamente refrattaria a questa “quantizzazione”. Sono stati proposti diversi esperimenti per verificare questo assunto, ma finora nessuno di essi ha avuto successo. Secondo James Quach, ciò dipende dal fatto che i mattoncini fondamentali dell’universo sono così piccoli da non essere individuabili direttamente. Tuttavia, alcune aree di questo universo primordiale potrebbero essere entrate in collisione tra loro creando crepe nello spazio-tempo. Se queste crepe siano microscopiche o estese per diversi anni-luce, non lo sappiamo. Ma il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di stabilirlo, per poter così suggerire ai fisici sperimentali cosa andare a cercare per verificare se la loro teoria sia vera o meno.