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Nei pazienti Covid si moltiplica la resistenza agli antibiotici: cosa si rischia

L’allarme del gruppo di lavoro dell’Ospedale San Martino di Genova guidato dal professor Matteo Bassetti: “Stanno aumentando le infezioni nosocomiali da germi resistenti, serve prevenire ulteriore diffusione”.
A cura di Valeria Aiello
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Una vera emergenza, aggravata dalla pandemia di Covid-19 che ha moltiplicato le infezioni nosocomiali: parliamo dell’antibiotico-resistenza, un problema silente e poco conosciuto ma che colpisce gli ospedali e il territorio, messo in ombra dalla diffusione del nuovo coronavirus Sars-Cov-2 che, per vari fattori, ha aumentato la circolazione dei germi resistenti, soprattutto tra i pazienti ricoverati nelle terapie intensive. A sottolineare l’incremento dei casi è un nuovo studio condotto dal gruppo di ricerca coordinato dal professor Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova e pubblicato sulla rivista scientifica Microrganisms.

Infezioni da germi resistenti nei pazienti Covid

Il lavoro è uno dei primi a fornire una stima sulla selezione e trasmissione di microrganismi resistenti ai farmaci tra i pazienti Covid-19 in condizioni critiche. Complessivamente, nello studio sono stati inclusi 118 pazienti ricoverati in terapia intensiva, sottoposti a screening dal 28 febbraio al 31 maggio 2020. “Tra questi – spiegano i ricercatori –12 (10,2%) hanno contratto un’infezione da Pseudomonas aeruginosa resistente ai carbapenemi, 6 (5,1%) da Candida auris e 2 (1,6%) da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi”. Gli studiosi non sono però riusciti a documentare la trasmissione orizzontale delle infezioni da batteri resistenti e, in particolare da P. aeruginosa resistente ai carbapenemi che, di fatto, ha mostrato l’impatto più negativo. Questo “sia per mancanza di dati sulla clonalità sia per l’impossibilità di escludere il ruolo della pressione selettiva del trattamento precedente con meropenem – l’antibiotico β-lattamico somministrato a tutti i pazienti. Al contrario, data l’epidemiologia e la correlazione clonale dei ceppi di C. aurisl’ipotesi di un focolaio nosocomiale  è plausibile”.

Quanto alle possibili ragioni dell’incremento della resistenza antibiotica, il gruppo di lavoro del San Martino ritiene che possa essere ricercato nel largo uso di antibiotici ad ampio spettro. “La loro ampia prescrizione potrebbe essere attribuita alla difficoltà di differenziare la coinfezione batterica polmonare e l’infezione virale in pazienti febbrili con evidenza radiologica di pattern consolidativi e interstiziali misti” aggiungono i ricercatori che, in tal senso, sottolineano l’importanza della somministrazione di questi farmaci solo quando realmente c’è bisogno, ovvero quando l’infezione batterica è accertata o clinicamente sospetta, e non come pratica di medicina difensiva.

Il messaggio che vogliamo lanciare è: torniamo a dosarli bene – ha commentato il professor Bassetti, precisando l’importanza dell’adeguata somministrazione e del loro dosaggio, evitando sproporzioni che rischiano di gravare ulteriormente sulla diffusione delle infezioni causate da patogeni resistenti  – . Saranno necessari nuovi studi per determinare l’impatto preciso di Covid-19 nella gestione antimicrobica e sul controllo delle infezioni, nonché sviluppare strategie adeguate per prevenire l’ulteriore diffusione della resistenza antimicrobica”.

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