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Nei fondali artici scoperti batteri capaci di biodegradare il petrolio disperso in mare

Nei fondali delle gelide acque artiche innanzi al Canada orientale sono stati identificati diversi generi di batteri che hanno la capacità di biodegradare gli alcani di combustibili fossili come petrolio, gasolio e idrocarburi aromatici. Se nutriti con azoto e fosforo questi microorganismi diventano ancora più “voraci”, aumentando in modo significativo la capacità di consumo.
A cura di Andrea Centini
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Nelle fredde acque artiche innanzi a Terranova e Labrador, la più orientale delle province canadesi, sono stati identificati diversi batteri che riescono a biodegradare combustibili fossili come il petrolio e il gasolio. Si tratta di una scoperta estremamente significativa, poiché negli ultimi anni le attività navali e di estrazione di gas e petrolio nell'area si sono intensificate sensibilmente, con un rischio molto maggiore di incidenti e possibili sversamenti in mare. Gli scienziati non sanno come i gelidi mari artici possano reagire a una catastrofe ambientale del genere, ma fortunatamente sono dotati di un "sistema di difesa naturale" che, se opportunamente supportato, può aiutare a contenere eventuali disastri.

A scoprire i microorganismi divora-petrolio nelle acque artiche canadesi è stato un team di ricerca del Dipartimento di Scienze Biologiche dell'Università di Calgary. Il primo autore dello studio è il dottor Sean MC Murphy, esperto di scienze acquatiche e studente presso il laboratorio del professor Casey RJ Hubert, che ha coordinato l'indagine. Il dottor Murphy, originario della fredda provincia canadese, da tempo è concentrato sulle analisi delle acque artiche, dopo essere rimasto sconvolto a causa disastro della Deepwater Horizon. Da allora si è chiesto cosa potrebbe succedere se un incidente simile si verificasse nell'area, pertanto ha iniziato a raccogliere tutte le informazioni utili per contenere un ipotetico disastro.

Un'indagine ritenuta particolarmente preziosa era proprio quello dedicata ai batteri che vivono sui fondali, dalle cui caratteristiche può dipendere la resilienza di un ambiente “violato” dai combustibili fossili. Dal sequenziamento genomico dei microorganismi, si è scoperto che alcuni generi hanno la capacità di consumare le sostanze inquinanti. Per dimostrarne l'efficacia il professor Hubert e colleghi hanno raccolto fanghi dai fondali e li hanno inseriti all'interno di alcune bottiglie assieme ad acqua marina, petrolio e gasolio. L'acqua è stata mantenuta a 4° C per simulare le condizioni dell'ambiente naturale. Gli esperimenti sono durati diverse settimane.

Al termine delle analisi sono state fatte diverse scoperte interessanti. Ad esempio, è stato determinato che i batteri dei generi Paraperlucidibaca e Cycloclasticus hanno inaspettate capacità nella biodegradazione degli alcani; Oleispira e Thalassolituus sono in grado di degradare gli alcani del diesel; Zhongshania e il lignaggio PGZG01 possono degradare gli alcani del greggio; mentre Marinobacter, Pseudomonas_D e Amphritea hanno mostrato un potenziale di biodegradazione degli idrocarburi aromatici. I ricercatori hanno anche scoperto che nutrendo i batteri con azoto e fosforo la loro capacità di biodegradazione aumenta in modo significativo; un'informazione particolarmente utile, nel caso in cui dovesse verificarsi un incidente e si dovessero attuare strategie di contenimento.

“Le nostre simulazioni hanno dimostrato che i batteri naturali che degradano il petrolio nell'oceano rappresentano i primi soccorritori della natura a una fuoriuscita di petrolio”, ha dichiarato il professor Hubert in un comunicato stampa. I dettagli della ricerca “Biodegradation of diesel and crude oil by Labrador Sea cold adapted microbial communities” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Applied and Environmental Microbiology.

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