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Nave perde mille tonnellate di petrolio davanti all’isola di Mauritius: rischio disastro ambientale

Dopo essere rimasta incagliata su una barriera corallina a causa del maltempo, la nave cargo giapponese MV Wakashio battente bandiera panamense ha perduto mille tonnellate di petrolio e gasolio innanzi all’isola di Mauritius. È corsa contro il tempo per arginare la marea nera, che ha già raggiunto la costa. L’imbarcazione rischia di spezzarsi in due.
A cura di Andrea Centini
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L'incidente della nave cargo giapponese MV Wakashio avvenuto a un paio di chilometri di distanza dalle coste dell'isola di Mauritius, nell'Oceano Indiano, rischia di trasformarsi in un disastro ambientale senza precedenti per il piccolo Paese insulare. A causa del maltempo, lo scorso 25 luglio la grossa imbarcazione di proprietà della compagnia Mitsui Osk Lines, gestita dalla Nagashiki Shipping Co ma battente bandiera panamense, era rimasta incagliata su una barriera corallina innanzi a Pointe d'Esny, lungo la costa sudorientale dell'isola africana. A seguito dell'impatto l'equipaggio è stato immediatamente evacuato e 500 tonnellate di carburante trasportate sulla terraferma, mentre la falla nello scafo era stata inizialmente considerata "sicura" dalle autorità mauriziane. Tuttavia, a causa dell'imperversare delle cattive condizioni meteo, lo squarcio ha iniziato ad ampliarsi producendo la fuoriuscita di mille tonnellate di petrolio e gasolio, che hanno dato vita alla catastrofica marea nera visibile nelle immagini.

La nave MV Wakashio perde petrolio innanzi all'isola di Mauritius. Credit: Maxar
La nave MV Wakashio perde petrolio innanzi all'isola di Mauritius. Credit: Maxar

Si stima che a bordo della MV Wakashio siano stipate altre 2.500 tonnellate di combustibili fossili, col concreto rischio che possa perderle completamente nelle acque cristalline della bellissima isola. L'imbarcazione potrebbe infatti spezzarsi in due. È dunque in atto una vera e propria corsa contro il tempo per provare a contenere la marea nera, che sta minacciando i numerosissimi animali che popolano l'area, in particolar modo quelli delle lagune incontaminate di Blue Bay, Pointe d'Esny e Mahebourg, come sottolineato da Greenpeace Africa. “Migliaia di specie rischiano di annegare in un mare di inquinamento, con conseguenze disastrose per l'economia, la sicurezza alimentare e la salute delle Mauritius”, ha dichiarato il dottor Happy Khambule, dirigente dell'organizzazione ambientalista e responsabile delle campagne per il clima e l'energia.

Gli esperti sono particolarmente preoccupati per la fauna che popola Pointe d'Esny, dove si trova una delle zone umide di rilevanza internazionale elencata nella convenzione di Ramsar. Ma anche la barriera corallina dove si è incagliata la nave, una delle più belle del mondo, ospita una ricchissima biodiversità, tra pesci, tartarughe marine e innumerevoli invertebrati, molti dei quali già uccisi dalla marea nera.

Le isole Mauritius non sono sufficientemente attrezzate per affrontare un disastro del genere, come sottolineato dal alcuni membri del governo locale, pertanto sono stati richiesti urgenti aiuti internazionali per contrastarlo. Tra i primi a rispondere all'appello del Primo Ministro Pravind Jugnauth vi è stato il presidente francese Emmanuel Macron, che attraverso l'isola di Reunion sta già facendo convergere i primi sostegni. Anche il Giappone, chiamato in causa per la proprietà della nave, sta inviando alcuni esperti in loco per coordinare il recupero del petrolio.

Lungo la costa di Pointe d'Esny e in altri punti strategici minacciati dalla marea nera si stanno radunando numerosi attivisti con cesti pieni di paglia e stoffa per assorbire quanto più carburante possibile, anche se le autorità stanno chiedendo loro di lasciar intervenire gli esperti. Molti volontari si stanno adoperando con secchi e pompe per aspirare il petrolio. Le misure adottate possono tuttavia solo arginare il problema, ma non evitarlo del tutto.

Per evitare altri disastri come questo è imperativo chiudere per sempre con i combustibili fossili, ha tuonato Khambule in una dichiarazione: “Non esiste un modo sicuro per estrarre, trasportare e immagazzinare prodotti a base di combustibili fossili. Questa perdita di petrolio non è uno scherzo del destino, ma deriva dalla nostra contorta dipendenza dai combustibili fossili. Dobbiamo reagire accelerando il nostro ritiro dai combustibili fossili. Ancora una volta vediamo i rischi legati al petrolio: aggrava la crisi climatica, devasta gli oceani e la biodiversità e minaccia i mezzi di sussistenza locali attorno ad alcune delle lagune più preziose dell'Africa”.

Gli abitanti dell'isola di Mauritius vivono principalmente di turismo, catalizzato dai luoghi incantevoli e incontaminati che ospita, ma un simile incidente potrebbe innescare un tracollo economico senza precedenti. La speranza è che il meteo migliori e la nave non finisca di spezzarsi in due, permettendo ai volontari di chiudere le falle e circoscrivere il combustibile che ha già violato le acque cristalline dell'isola.

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