Natale in tempo di pandemia, ecco cosa è successo nel 1918
Nella prospettiva di un Natale sotto scacco per il coronavirus, la storia e l’evoluzione di una pandemia come quella di influenza spagnola ritornano di interesse per capire come andarono le cose a cavallo tra il 1918 e il 1919. Erano gli anni della Grande Guerra che in qualche modo mise in secondo piano la gravità delle ondate mortali dell’infezione, con la seconda e la terza che capitarono proprio tra le feste di fine anno. Erano anche gli anni in cui la scienza non aveva gli strumenti per comprendere come si diffondesse la malattia, né tantomeno quelli statistici per dare certezze numeriche.
D’altra parte, l’imponente numero di documenti e frammenti che raccontano i casi umani, permette di ricostruire il tragico scenario di quei giorni, con “centinaia di migliaia di persone che hanno perso i propri cari” dice al New York Times lo storico J. Alexander Navarro, editore dell’enciclopedia online dell’influenza – . Ma al momento del Thanksgiving Day (il giorno del ringraziamento, che si celebra alla fine di novembre, ndr) non c’era davvero molto dibattito sull’opportunità di riunirsi o meno”. Stessa situazione per le feste natalizie. “Così hanno fatto, spesso con una sedia vuota al tavolo”.
Si stima che circa 650mila americani abbiano perso la vita a causa della famigerata e tragica epidemia di influenza del 1918-1919, una piccola ma significativa frazione dei circa 50 milioni di morti che la malattia ha causato in tutto il mondo. Tantissimi rimasero senza genitori, figli, amici e persone care. Le comunità in tutto il paese hanno fatto il possibile per arginare la marea crescente di malattia e morte, chiudendo scuole, chiese, teatri, negozi e saloon. Medici, infermieri e volontari hanno dedicato il loro tempo – e, occasionalmente, la loro vita – per prendersi cura dei malati”.
Come detto, a quel tempo, l’attenzione particolarmente era concentrata sulla fine della Prima Guerra Mondiale e sui soldati che facevano ritorno alle loro case. “Quest’anno abbiamo un motivo speciale e commovente per essere grati e rallegrarci”, disse il presidente Woodrow Wilson nel discorso nel giorno del Ringraziamento, senza menzionare la pandemia. Analogamente, la stampa dell’epoca dedicava le sue colonne alla vittoria degli Alleati. “Alla vigilia di Natale del 1918 – riporta il New York Times – migliaia di soldati sarebbero stati accolti nelle case di New York City e invitati a partecipare a balli e feste. In un evento al 71 ° Regiment Armory su Park Avenue a Manhattan «oltre al divertimento e al ballo ci saranno 300 libbre di cioccolato fondente fatto da belle ragazze, e tantissime libbre di torta ghiacciata, per lo più preparata dalle loro madri»”.
Il rientro dei soldati giocò un ruolo importante nella diffusione della Spagnola a differenza dei viaggi di vacanza che, rispetto ad oggi, erano meno comuni nel 1918, in parte perché le famiglie tendevano a festeggiare il Natale tra di loro. “La pratica di portare un albero sempreverde in casa per decorarlo era di moda. Così lo erano i regali per i bambini, consegnati da Babbo Natale” ricorda la storica Penne L.Restad dell’Università del Texas.
“Sono stato per tre settimane impegnato a fare le faccende dei vicini e a seppellire i morti – si legge in una lettera del febbraio 1919 – . Ho accompagnato più persone quest’inverno di quanto abbia mai fatto in tutta la mia vita. È stato orribile”. “Il mio cuore si rifiutava quasi di funzionare e le mie labbra e le mie unghie erano di un nero violaceo – si legge nella lettera di una sopravvissuta – . Stavo quasi per morire”.