Morire di crepacuore è possibile

L’hanno chiamata sindrome di Takotsubo, o anche cardiomiopatia da stress e si tratta di una disfunzione cardiaca che si manifesta con sintomi come dolore al petto o affanno, propri anche dell’infarto. Rispetto a quest’ultimo però non implica un blocco dei vasi sanguigni. Nel caso del Takotsubo infatti il cuore si deforma e assume una forma che ricorda quella di un cesto giapponese utilizzato per catturare i polpi, detto appunto “takotsubo”. Comunemente si ritiene che responsabile di questa sindrome possano essere le “brutte notizie”, quelle cioè che provocano un forte stress emotivo, ad esempio la morte di un figlio, per questo motivo è stata battezzata anche sindrome del cuore infranto.
Un recente studio, intitolato “Clinical Features and Outcomes of Takotsubo (Stress) Cardiomyopathy” e pubblicato su New England Journal of Medicine, che ha visto la collaborazione di 9 nazioni europee e americane, tra cui l’Italia con l’Istituto di Cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore-Policlinico Gemelli di Roma, fa sapere che la sindrome di Takotsubo potrebbe essere più pericolosa di quanto ritenuto sino ad ora. La ricerca ha mostrato che, sui 1750 pazienti coinvolti, il 90% erano donne di circa 67 anni che avevano sviluppato la cardiomiopatia, nel 30% dei casi, in seguito ad un lutto, o, nel 36% dei casi, dopo un intervento chirurgico. La causa principale scatenante non è stata però identificata.
I pazienti con takotsubo, spiegano i ricercatori, hanno il doppio delle probabilità di sviluppare disturbi neurologici o psichiatrici rispetto a coloro che invece hanno avuto un infarto. Inoltre, diversamente da quanto ritenuto di solito dai medici, convinti che la cardiomiopatia sia meno seria di un attacco di cuore, il tasso di mortalità in ospedale è praticamente lo stesso per entrambi. Lo studio sottolinea dunque l’importanza della gestione clinica, sia durante che dopo, dei pazienti colpiti da takotsubo, utili a limitare il rischio di morte.
[Foto copertina di geralt]