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Mini cervelli umani in provetta: così testeremo i farmaci e faremo ricerca

I ricercatori fanno sapere di aver sviluppato dei mini cervelli che potranno essere utilizzati per comprendere le malattie di cui soffriamo e trovare farmaci per curarle.
A cura di Zeina Ayache
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“Un tempo sperimentavamo sugli animali” forse un giorno potremo dire questa frase perché il modello animale non verrà più utilizzato per sperimentare i farmaci e studiare le malattie, ma verrà sostituito da altri efficaci al primo colpo. Un esempio? I mini cervelli in provetta realizzati dal professor Joseph Ecker dell'Istituto Howard Hughes e pubblicati all'interno di uno studio intitolato "Cerebral organoids recapitulate epigenomic signatures of human fetal brain" su Cell Reports, l'importante rivista scientifica di settore. Ma di cosa si tratta?

Realizzati per la prima volta nel 2013 dai ricercatori europei, i mini cervelli rappresentano una versione ‘in miniatura' del nostro organo più importante e nascono coltivati il laboratorio partendo da cellule staminali. Non sono veri e proprio cervelli, ma ne sono un degno formato ridotto, chiamato organoide, che però riproduce molte delle caratteristiche originali del cervello umano. Questo significa che i mini cervelli potranno essere utilizzati per studiare le malattie neurologiche che affliggono l'essere umano, ma anche i farmaci.

Foto di Madeline Lancaster/MRC-LMB (Medical Research Council, Laboratory of Molecular Biology), UK
Foto di Madeline Lancaster/MRC-LMB (Medical Research Council, Laboratory of Molecular Biology), UK

Malattie e medicinali attualmente vengono studiati in relazione agli animali che, però, non sono come noi, e noi non siamo come loro. Capita infatti che, nel 95% dei casi, i farmaci testati sugli animali e definiti efficaci poi sull'essere umano risultino fallimentari, insomma, la sperimentazione animale, per quanto utilizzata, non è la strada giusta per trovare una soluzione rapida ed efficace alle malattie. Gli organoidi vengono già utilizzati, ad esempio in passato sono stati utili per comprendere gli effetti del virus Zika.

Il nuovo studio dei ricercatori americani aggiunge qualcosa in più rispetto a ciò che già sapevamo. Gli scienziati hanno infatti verificato il funzionamento genetico ed epigenetico che permette di controllare i segnali chimici che si occupano di spegnere e accendere alcuni geni legati allo sviluppo di determinate malattie. Per conoscerne le applicazioni future, non ci resta dunque che aspettare.

[Foto copertina di stux]

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