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Matteo Salvini non ha ancora capito la differenza tra asintomatici e sintomatici

Il leader della Lega ha una sua teoria sul coronavirus ma ora che la pandemia è tornata a preoccupare non possiamo negare le evidenze scientifiche e continuare ad essere sofferenti a regole e mascherine.
A cura di Valeria Aiello
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Ora che la pandemia di coronavirus è tornata a preoccupare con la sua seconda ondata di contagi, non possiamo permetterci di negare l’evidenza dei fatti. È ormai evidente (e lo era anche prima dell’emergenza) che l’uso delle mascherine limiti la diffusione dei patogeni che si trasmettono per via respiratoria, così come è palese che le ricerche scientifiche finora svolte abbiano chiarito alcuni aspetti della gravità di Covid-19. Conoscenze che arrivano dallo sforzo di migliaia di ricercatori e che, in questi mesi, si sono dimostrate decisive nel limitare il numero di contagi e soprattutto di morti, così come nella scelta delle opzioni terapeutiche realmente efficaci nel contrastare l’infezione e nello sviluppo di nuovi trattamenti e candidati vaccini con cui si spera di eradicare il virus. Non è quindi ammissibile che, a seconda delle opportunità e necessità personali, si valichi il sottile limite dello spirito critico, adottando ragionamenti senza alcun fondamento scientifico. Teorie che al massimo potrebbero essere accettate in discorsi tra amici o in chiacchiere da bar ma certamente intollerabili in ambiti istituzionali.

Salvini non ha capito la differenza tra sintomatici e asintomatici

L’argomentazione delle “cose fatte con il buon senso” è uno dei cavalli di battaglia della comunicazione dell'ex vice presidente del Consiglio Matteo Salvini che, d’altra parte, continua ad essere insofferente alla mascherina e alle altre regole per limitare la diffusione del virus. Compresa l’ordinanza sul coprifuoco in Lombardia per cui ha chiesto di “voler capire”. Il fatto che in Italia si registrino ogni giorno migliaia di contagiati, “non vuol dire che ci siano migliaia di ammalati” dice il leader del Carroccio senza tenere conto che queste migliaia di persone inizialmente asintomatiche possono comunque sviluppare sintomi della malattia nell'80% dei casi.

Lo indica una review di oltre 79 studi pubblicata su Plos Medicine e lo conferma la situazione che stiamo osservando nei reparti di terapia intensiva e, più in generale, nei reparti Covid che, con il superamento dell’ennesima barriera dei 10mila contagi al giorno (anche se con un numero di tamponi decisamente superiore ai primi mesi della pandemia), sono tornati a riempirsi a livelli che riportano agli ultimi giorni del lockdown. Preoccupano i dati della Lombardia, la regione con il più alto incremento di nuovi contagiati, e di Milano, dove l’indice Rt è ormai da giorni oltre quota 2. Un quadro inquietante, come quello che emerge in Campania, in Piemonte, e anche nel Lazio, dove è stata superata quota mille persone ricoverate in ospedale e quasi cento in terapia intensiva. Una situazione documentata anche dalle nuove osservazioni cliniche sui positivi e, in particolare, sulla carica virale, tornata ad essere altissima, segno di un’infezione recente.

Il numero uno della Lega parla però di “terrorismo” perché l’Italia ha “molti posti in terapia intensiva”. Posti che, senza voler entrare nel dibattito politico su quanto è stato fatto finora, attualmente sono circa 6.500 in tutto tutto il territorio nazionale, di cui in larga parte già occupati da altri malati con altre patologie che, in condizioni normali, possono arrivare anche al 90% dei posti disponibili. Questo vuol dire che, se la crescita esponenziale dei malati Covid-19 supererà il 20-30% delle terapie intensive disponibili, i malati di altre patologie non potranno essere assistiti anche se ne avrebbero bisogno. Non da ultimo, serve ricordare che il sovraccarico sulla rete ospedaliera ha fatto già saltare anche i sistemi di sorveglianza sanitaria attiva. Ad esempio, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale di Screening, in questi mesi di pandemia non è stato possibile effettuare oltre 1,4 milioni di controlli oncologici, il che significa mancate diagnosi per circa 2.000 tumori al seno, 1.700 alla cervice uterina e 600 tumori del colon-retto.

Quanto stiamo vivendo non piace a nessuno ma ancora una volta è imperativo lavorare tutti assieme per abbassare la curva dei contagi ed evitare il collasso degli ospedali. Non si tratta di terrorismo ma di guardare in faccia la realtà: se la tendenza non verrà invertita, nel breve tempo ci ritroveremo ai livelli di metà marzo o forse peggiori. La battaglia contro il virus è tutt’altro che vinta, ma per provare a farlo dobbiamo essere noi a mettere in campo tutto quello che è possibile, consapevoli che i comportamenti individuali sono i più efficaci.

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