Ma quel bosone potrebbe non essere l’Higgs
Alla storica conferenza del 4 luglio scorso al CERN di Ginevra in cui è stata annunciata al mondo la scoperta del bosone di Higgs, popolarmente nota come la “particella di Dio”, i due scienziati a capo dei rispettivi progetti di ricerca all’acceleratore di particelle più grande del mondo, Joe Incandela e Fabiola Gianotti avevano cercato di mettere le mani avanti: sì, quello scoperto a un livello energetico di 125-126 MeV è sicuramente un bosone, una particella nuova. Ma è ancora presto per dire che sia il bosone di Higgs, anche se quasi tutto lascia pensare che lo sia. “Quasi” però è una parola pesante nel mondo della scienza, che cerca certezze e non “quasi” verità. Gli applausi a scena aperta e le standing ovation della platea emozionata hanno però rapidamente messo da parte le cautele, cosicché per il resto del mondo la scoperta ha il sapore della certezza.
Invidie d'oltreoceano?
A bocce ferme, però, qualcuno ha provato a riportare il discorso sui binari giusti. Tra i primi a farlo c’è Ian Low, fisico teorico alla Northwestern University e in forze all’équipe dell’Argonne National Laboratory, dove la teoria si fonde con la sperimentazione nel campo delle alte energie. E poiché Low è un americano, qualcuno ha subito pensato a un moto di gelosia nazionalista, essendo note le rivalità tra l’ormai disattivato Tevatron e l’acceleratore LHC di Ginevra: quelli del Tevatron avevano sperato di battere in corsa i colleghi d’oltreoceano (molti dei quali anch’essi di cittadinanza americana) annunciando due giorni prima della conferenza del CERN nuovi indizi che andavano nella stessa direzione dei team di LHC.
Il dubbio, comunque, è legittimo da un punto di vista non solo teorico, ma anche sperimentale. Innanzitutto perché il bosone non è apparso improvvisamente dal nulla agli occhi dei fisici nei tunnel dell’acceleratore ginevrino, ma è stato individuato attraverso indizi indiretti. Per la precisione, rilevando le particelle in cui il bosone dovrebbe essere “decaduto”: tutte le particelle individuate con LHC sono per loro natura molto instabili, perché la loro esistenza è possibile solo ad elevatissime temperature, quelle dei primi istanti di vita dell’universo, che negli acceleratori possono essere raggiunte per pochissime frazioni di secondo. Il bosone di Higgs decade quindi istantaneamente in due fotoni e in una serie di altri bosoni leggermente più stabili, le particelle W e Z scoperte negli anni ’80.
"Abbiamo trovato una nuova particella"
Quello che è stato possibile vedere è la produzione di queste particelle a un livello energetico di circa 126 MeV, giustificabile con la teoria di Peter Higgs, il fisico teorico scozzese che nel 1964 aveva avuto per primo l’idea di una particella “madre” che avrebbe conferito la massa a tutte le altre particelle dell’universo. Ma alcuni segnali “anomali” registrati al CERN suggeriscono cautela. Fabiola Giannotti getta però acqua sul fuoco: “No, non può ripetersi la delusione dei neutrini superluminali”, spiega a Wired. “Qui la scoperta c’è. Abbiamo trovato una nuova particella, mai vista prima, questo è certo. Non ci potranno essere smentite”. Brucia ancora il ricordo di quello che forse sarà ricordato come il più grande abbaglio della storia della scienza contemporanea, annunciato da un altro fisico italiano, Antonio Ereditato, sempre con la collaborazione del CERN.
In questo caso gli indizi sono troppi per poter parlare di un abbaglio, anche perché i colleghi-rivali del Tevatron sono giunti a conclusioni simili. Nessuno sostiene che quella particella non esista. Qualcuno pensa però che potrebbe non essere il bosone di Higgs. Le collisioni all’interno di LHC vanno avanti e continueranno fino alla fine dell’anno, quando l’acceleratore sarà spento per il tutto il 2013, di modo da potenziarlo e ripartire dal 2014 con energie ancora maggiori. Ma molto prima di allora, già entro la fine di quest’anno, si cercherà di determinare lo spin della nuova particella (detta grossolanamente, il suo senso di rotazione), che secondo la teoria di Higgs dovrebbe essere uguale a zero, poiché il bosone è espressione di un campo scalare, in cui lo spin non ha valore.
Alcuni fisici sperano in realtà che a essere scoperto al CERN non sia il bosone di Higgs, ma qualcos’altro, di molto più “esotico”, il primo indizio di una nuova fisica. Per esempio una particella supersimmetrica, una di quelle che LHC intende cercare appena finita la caccia alla particella di Dio; magari la componente della misteriosa materia oscura. O qualcosa di completamente diverso. Peter Higgs invece è cautamente ottimista. Ha aspettato quasi cinquant’anni e ora ha visto confermate le sue teorie. La scoperta del bosone che porta il suo nome è la ciliegina sulla torta che chiamiamo “Modello Standard”, tramite il quale siamo capaci di spiegare il mondo dell’infinitamente piccolo. E a ottant’anni è anche giusto prendersi le proprie soddisfazioni.