L’umidità del respiro rende le mascherine di cotone più efficaci contro il coronavirus
Ci sono mascherine e mascherine. A fare la differenza è l’efficienza filtrante, che per le chirurgiche e quelle di seconda e terza categoria, come le FFP2 e le FFP3, è ampiamente descritta, trattandosi di dispositivi definiti da standard di costruzione. Per quelle di stoffa, chiamate anche mascherine di comunità, non esistono invece specifiche tecniche e di sicurezza: la loro capacità di catturare le particelle presenti nell’aria dipende direttamente dal tessuto con cui sono fatte. Con alcune differenze sostanziali, come dimostrato in uno studio condotto negli Stati Uniti dai ricercatori del National Institute of Standards anche Technology (NIST) di Gaithersburg, nel Maryland, che hanno testato le prestazioni di diversi tessuti quando impiegati come mascherine respiratorie con lo scopo di ridurre la diffusione del coronavirus. Gli studiosi hanno dunque verificato l’efficienza filtrante quando i tessuti sono esposti all’umidità del respiro di una persona, calcolando in che misura le particelle vengono trattenute e se questa incide sulla traspirabilità del materiale stesso.
Mascherine di cotone più efficaci quando umide
Le prove, dettagliate nel lavoro pubblicato sulla rivista scientifica ACS Applied Nano Materials, hanno indicato che in condizioni di umidità, l’efficienza filtrante è aumentata in media del 33% per i tessuti di cotone, a differenza dei tessuti sintetici che, nelle stesse condizioni, non hanno mostrato un aumento in termini di prestazione. “I tessuti di cotone si confermano un’ottima scelta – ha affermato Christopher Zangmeister, il ricercatore del NIST e primo autore dello studio – . Questi risultati dimostrano che funzionano meglio di quanto pensassimo”.
Per i test, i ricercatori hanno utilizzato campioni di tessuto (non vere mascherine), preparandoli in doppio strato e posizionandoli all’interno di una piccola scatola in cui l’aria era mantenuta al 99% di umidità, più o meno quella del respiro di una persona. Per un confronto, hanno inoltre predisposto una seconda serie di campioni al 55% di umidità e, una volta che i tessuti hanno raggiunto l’equilibrio con l’aria umidificata, questi sono stati posizionati davanti a un flusso d’aria spinto a circa la stessa velocità del respiro umano.
Al flusso, peraltro, sono state aggiunte particelle di sale di dimensioni paragonabili a quelle dei droplet emessi quando si respira, si parla e si tossisce. Questo ha permesso di calcolare l’efficienza di filtrazione, quindi misurare il numero di particelle presenti nell’aria prima e dopo il passaggio attraverso il tessuto, e determinare la traspirabilità del materiale, valutando la pressione dell’aria su entrambi i lati.
“In condizioni di umidità, i tessuti di flanella di cotone hanno aumentato le loro efficienze filtranti dal 12 al 45 percento, con un aumento medio del 33 percento” spiegano i ricercatori che hanno testato nove diversi tipi di tessuti in fibra naturale, oltre a sei tipi di tessuto sintetico, inclusi nylon, poliestere e rayon. Questi ultimi “hanno funzionato tutti male rispetto alla flanella di cotone, indipendente dall’umidità”. Nessuna differenza, invece, è stata osservata in termini di traspirabilità, indicando che l’umidità trattenuta dai tessuti in fibra naturale non rende più difficoltosa la respirazione.
Risultati nel complesso in parte attesi per le caratteristiche intrinseche di questi materiali. “L’efficienza filtrante dei tessuti di cotone aumenta in condizioni di umidità perché il cotone è idrofilo, il che significa che ama l’acqua – precisano gli studiosi – . Assorbendo piccole quantità di acqua dal respiro di una persona, le fibre di cotone creano un ambiente umido all’interno del tessuto per cui, quando le particelle microscopiche lo attraversano, assorbono parte di questa umidità e diventano più grandi, con maggiori probabilità di rimanere intrappolate. D’altra parte, quasi tutti tessuti sintetici sono idrofobici, cioè non amano l’acqua, quindi non assorbono l’umidità. Pertanto la loro efficienza filtrante non cambia in condizioni di umidità”.