Lo zoo delle particelle: 11 misteri della fisica dei quanti
Non c’è solo il bosone di Higgs, la cosiddetta “particella di Dio”, tra le particelle subatomiche che non fanno dormire i fisici di mezzo mondo. Nella scala dell’infinitamente piccolo, infatti, continuano a persistere misteri irrisolti legati all’esistenza di particelle previste solo in teoria, ma non ancora osservate sperimentalmente. Il cosiddetto “modello standard” della fisica prevede l’esistenza di un autentico zoo di particelle, alcune ben note – come gli elettroni, i neutroni o i protoni – e altre davvero mai sentite. Sulle loro tracce lavora il Large Hadron Collider di Ginevra, insieme ad altri più piccoli acceleratori di particelle in altre parti del mondo. Ma solo LHC, con le sue altissime energie, potrà dimostrare o meno l’esistenza di quelle più difficili da osservare: particelle che dominarono l’universo solo nei primissimi istanti di vita dell’universo, quando la temperatura e la densità del cosmo erano a livelli inimmaginabili. La rivista americana New Scientis ha provato a elencare le 11 più bizzarre ed elusive.
Stringballs – La teoria delle stringhe è tra le teorie che vanno più “di moda” oggi nella fisica, anche se è lontana dall’essere confermata. Il suo vantaggio è di unire le due diverse scale della materia – quella cosmica regolata dalla relatività generale e quella microscopica regolata dalla meccanica quantistica – per muovere verso una “Teoria del Tutto” che resta il pallino di ogni fisico teorico. Le particelle, in questa teoria, non sono ‘sfere’, ma stringhe, corde di energia in continua vibrazione. La teoria prevede però anche delle stringballs, che si formano quando due o più stringhe si scontrano e, invece di dar vita a una sola corda, creano una palla intrecciata, come un gomitolo di lana. Roba del genere sarebbe individuabile da LHC, spiega Savas Dimopoulos della Stanford University in California, tra i principali teorici delle stringballs.
Tetraquark – Circa dieci anni fa, diversi esperimenti in tutto il mondo rivelarono l’esistenza del “pentaquark”, un agglomerato di quattro quark e un antiquark, che sono le particelle più piccole esistenti, quelle che formano protoni e neutroni. Generalmente, protoni, neutroni e altre particelle di questo tipo sono costituite da tre quark, o da un legame di un quark e un antiquark. Il pentaquark ha dimostrato che c’è dell’altro, e nulla ci impedisce di credere che esistano anche tetraquark, per esempio, spiega Frank Close dell’Università di Oxford. Un tetraquark (che non ha nulla a che vedere con il tetrapak!) è formato da due quark e due antiquark, e potrebbe generarsi come prodotto di un annichilimento tra un elettrone e la sua antiparticella, il positrone. Tuttavia questi agglomerati di sub-particelle sono estremamente instabili: il pentaquark decade in appena 10-20 secondi.
Gluoni – I gluoni hanno il compito di tenere insieme i quark, i quali sono definiti da due proprietà: la carica elettrica e il “colore”, che non è davvero un colore ma un modo per definire una proprietà fisica peculiare dei quark. Così come i fotoni sono gli intermediari della forza elettromagnetica tra le particelle, i gluoni sono gli intermediari della forza nucleare forte, una delle quattro forze della fisica, che tiene unite le particelle del nucleo atomico. Ma i gluoni possono fare a meno dei quark e creare delle particelle proprie, delle glueballs? Una prima prova indiretta dell’esistenza delle glueballs, particelle composte da gluoni senza quark, è stata ottenuta al CERN nel 1994. Ma a oggi non è ancora arrivata una conferma definitiva.
Inflatoni – La teoria dell’espansione inflazionaria sostiene che, subito dopo il Big Bang, l’universo ha subito un’improvvisa accelerazione, superiore alla velocità della luce, da cui deriva la particolare proprietà di un cosmo in cui la materia è uniformemente distribuita. La teoria dell’inflazione è oggi generalmente accettata dai cosmologi, ma manca ancora una prova definitiva. L’inflazione dovrebbe essere stata prodotta da un campo energetico che dominò l’universo per un brevissimo arco di tempo prima di sparire in un oceano di radiazione. La teoria quantistica si è appropriata dell’ipotesi inflazione sostenendo che questo campo di energia fosse formato da quanti detti “inflatoni”. Siamo molto lontani dal poter osservare direttamente gli inflatoni, perché servirebbe un acceleratore capace di produrre una densità energetica trilioni di volte quella di LHC, secondo Paul Steinhardt, docente a Princeton. Ma c’è di più: l’inflazione potrebbe non essere mai finita, e così dal Big Bang originario altri universi sarebbero in corso di accelerazione, in quello che è stato definito un gigantesco multiverso di cui noi costituiremmo solo una piccola parte.
Pomeroni – I pomeroni sono stati teorizzati negli anni ’60, prima ancora che si parlasse seriamente di quark e gluoni. Successivamente, il Tevatron di Chicago ha potuto confermarne sperimentalmente l’esistenza. I pomeroni erano stati proposti per spiegare le interazioni tra protoni e antiprotoni, e in effetti alcune osservazioni negli acceleratori sembrano andare nella direzione di confermare l’esistenza di questi quanti, particelle privi di carica e di colore, a differenza dei quark. Sono stati ripresi nella teoria delle stringhe, dove potrebbero trovare una loro collocazione per spiegare le interazioni tra le stringhe.
Leptoquark – Nel 1994 in un acceleratore di Amburgo venne osservata una trasformazione di un elettrone in un muone, la sua controparte “pesante”. Questo tipo di trasformazione non era prevista dal modello standard, perciò si pensò a una nuova particella ‘mista’ e molto pesante, il leptoquark. Elettroni e muoni sono entrambe particelle elementari che ricadono nella categoria dei leptoni, le quali non sono sottoposte alla forza nucleare forte. Le teorie di grande unificazione, invece, che puntano a unificare tre delle quattro forze fondamentali – nella fattispecie le due forze nucleari (forte e debole) e quella elettromagnetica –, suggeriscono che quando un elettrone colpisce un protone possa crearsi un leptoquark che tuttavia decade subito dopo in un muone e in un quark. Ma dopo la prima osservazione non ce ne sono state altre, anche se i sostenitori dei leptoquark guardano con interesse a quello che uscirà da LHC.
Gaugini – I gaugini vengono fuori dalla teoria della supersimmetria, che se confermata – e al momento le sue chance sono in diminuzione – sostituirebbe il modello standard. Secondo la supersimmetria, ogni particella possiede un gemello più pesante. Questo moltiplica il numero già abbandonante di particelle esistenti e teorizzate, perciò la teoria non piace a molti fisici. I gaugini sono i partner pesanti dei bosoni W, i quanti che trasmettono la forza nucleare debole. Molte di queste particelle supersimmetriche, tra cui i gaugini, potrebbero costituire la cosiddetta materia oscura, che secondo le stime occupa il 20% della materia complessiva dell’universo, anche se nessuno finora è riuscito a scoprire con esattezza di cosa sia fatta.
Anioni – Gli anioni sono particelle bizzarre che si sottraggono alla tradizionale divisione delle particelle nelle due grandi famiglie di fermioni e bosoni: si trovano piuttosto a metà strada tra le due. Gli anioni possiedono solo una frazione della carica elettrica degli elettroni, ed emergerebbero quando gli strati bidimensionali di alcuni metalli sono sottoposti a un forte campo magnetico. Il condizionale è d’obbligo perché nessuno ha mai visto gli anioni, ma del resto è anche vero che nessuno ha mai visto nemmeno i quark, eppure sembrano funzionare. Funzionano anzi così bene, gli anioni, che le loro caratteristiche uniche li rendono le particelle favorite per realizzare la futura generazione di computer quantistici.
Galileoni – L’ultimo premio Nobel della fisica è stato assegnato agli scopritori dell’accelerazione dell’universo, un mistero lontano dall’essere risolto, attribuito alla spinta di una ancora più misteriosa energia oscura. Un’altra ipotesi, che però imbarazza gli scienziati, implica che la forza di gravità si riduca su scale cosmiche. Ciò significa contraddire le teorie di Einstein, per le quali la gravità è una costante, e come tale resta uguale nello spazio e nel tempo. Una soluzione intermedia potrebbero essere i galileoni, le particelle quantistiche associate a un ipotetico campo che indebolisce la gravità. In una regione ad alta densità di materia come il nostro sistema solare, la forza di questo campo non è avvertibile, mentre invece su larga scala, in macro-regioni dove la materia è molto scarsa, la forza del campo è maggiore e la gravità si riduce. Se si tratti di un’ipotesi realistica o meno, lo scopriremo solo con le future ricerche degli acceleratori.
Particelle di Majorana – Se non fosse misteriosamente scomparso nel 1938, Ettore Majorana avrebbe dato un contributo enorme alla fisica nucleare. Il suo contributo alla fisica delle particelle resta comunque fondamentale, e ora acquista nuova validità alla luce della teoria della supersimmetria, la quale avalla la tesi di Majorana secondo cui tutte le particelle della famiglia dei fermioni possiedono un’antiparticella a carica zero. Ciò implica l’esistenza di alcuni partner supersimmetrici dei fermioni, come il fotino, il compagno del fotone, e l’higgsino, il compagno dell’ancora enigmatico bosone di Higgs.
Wimpzilla – Grosse e pesanti come Godzilla, le particelle Wimpzilla sono altre interessanti candidate per risolvere l’enigma della materia oscura. Le WIMP sono particelle ben note, il cui nome deriva dall’acronimo di Weakly-interacting massive particles, particelle di massa debolmente interagente. Sarebbero da 10 a 100 volte più pesanti dei protoni e furono prodotte nei primi istanti dell’universo. Le Wimpzilla peserebbero miliardi di volte più delle particelle WIMP e vennero create nell’epoca dell’inflazione. La loro enorme massa implica che queste particelle sono – qualora esistessero – estremamente rare, e impossibili da individuare con gli attuali acceleratori. L’unico modo per individuarle è cercarle nella radiazione cosmica di fondo a microonde, il cosiddetto “eco del Big Bang”, che potrebbe rivelare tracce fossili della loro esistenza. È una delle missioni di Planck, il satellite dell’ESA che ha appena iniziato a lavorare.