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Leucemia, con cellule modificate la malattia scompare nell’86% dei pazienti

Lo indicano i risultati di uno studio italiano su pazienti con leucemia linfoblastica acuta trattati con cellule derivate da donatori sani e opportunamente differenziate in laboratorio: “Sei dei 7 pazienti che avevano ricevuto le dosi più alte hanno raggiunto la remissione completa”.
A cura di Valeria Aiello
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Leucemia linfoblastica acuta
Leucemia linfoblastica acuta

Una nuova speranza di cura per i tumori del sangue arriva da uno studio italiano, coordinato dal Centro di emato-oncologia pediatrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la Mamma con la collaborazione dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Particolari cellule T CAR, derivate dalle cellule del sistema immunitario di donatori sani e opportunamente modificate in laboratorio, hanno dimostrato di essere dotate di un’attività antileucemica molto promettente senza indurre gravi tossicità. Queste cellule, differenziate in cellule killer indotte da citochine (CIK), hanno indicato di poter indurre una remissione completa della malattia, con un tasso di risposta globale un mese dopo l’infusione di circa l’86%.

Nello studio, pubblicato su The Journal of Clinical Investigation, i ricercatori hanno testato quattro diversi dosaggi di cellule Carcik su un totale di 13 pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivanti, di cui 4 pediatrici e 9 adulti. “A 28 giorni dalla somministrazione, 6 dei 7 pazienti (85,7%) che hanno ricevuto le dosi più alte hanno raggiunto una remissione completa – scrivono i ricercatori nello studio – Cinque pazienti su sei hanno raggiunto anche la negatività della malattia minima residua”.

Complessivamente, i dati hanno indicato che le cellule Carcik si espandono e persistono nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta che hanno avuto una recidiva dopo il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche.  “Lo studio – aggiungono i ricercatori – fornisce la prima prova, a nostra conoscenza, che le cellule derivate da donatori rappresentano un’opzione terapeutica sicura e valida per questi pazienti. Abbiamo osservato una risposta clinica dose dipendente, associata a bassa tossicità, in pazienti le cui possibilità di sopravvivenza sono molto basse”.

Risultati incoraggianti anche se “il numero limitato di pazienti trattati rende difficile affermare che questo approccio sia efficace quanto i prodotti a cellule T CAR disponibili in commercio – avvertono gli studiosi – . Tuttavia, aprono la possibilità all’utilizzo di cellule Carcik derivate da donatori anche in pazienti non sottoposti a trapianto allogenico di staminali ematopoietiche”.

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