261 CONDIVISIONI
Covid 19

L’efficacia dei vaccini Covid nel prevenire il contagio cala entro 6 mesi

Lo evidenzia un’analisi dei dati raccolti dallo studio britannico ZOE Covid: per Astrazeneca la protezione dall’infezione è scesa dal 77% al 67% dopo quattro-cinque mesi, per Pfizer dall’88% al 74% dopo cinque-sei mesi.
A cura di Valeria Aiello
261 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Mentre in Italia si valuta l’ipotesi di prorogare di 3 mesi la durata del Green pass, una nuova analisi dei ricercatori britannici mette in guardia sulla durata della protezione conferita dai vaccini anti-Covid.

I dati, raccolti dallo ZOE Covid Study, uno dei tre principali studi di sorveglianza del Regno Unito (gli altri due sono CIS e REACT), evidenziano che con il passare del tempo i vaccini perdono efficacia nel prevenire il contagio, pur mantenendola nei confronti della malattia grave e dei decessi per Covid. La nuova analisi include gli esiti positivi ai tamponi molecolari registrati tra maggio e luglio 2021 su oltre 1,2 milioni di persone vaccinate con Pfizer e Astrazeneca.

Dopo cinque-sei mesi, indicano i risultati, l’efficacia del vaccino di Pfizer nella prevenzione dall’infezione diminuisce dall’88% del mese successivo alla seconda dose al 74%. Per il siero di Astrazeneca, l’efficacia è scesa dal 77% al 67% dopo quattro-cinque mesi.

Secondo il professor Tim Spector, investigatore capo dello ZOE Covid Study e professore di epidemiologia genetica presso il King College di Londra, questi dati potrebbero spiegare le recenti infezioni registrate in persone completamente vaccinate. “Il calo della protezione è prevedibile ma non è una ragione per non ricevere il vaccino – ha dichiarato Spector – . I vaccini forniscono ancora alti livelli di protezione nella maggior parte della popolazione, specialmente contro la variante Delta, quindi abbiamo ancora bisogno di vaccinare quante più persone possibile”.

La protezione contro l’infezione, stima Spector, potrebbe scendere al 50% entro l’inverno. Pertanto, ritiene che saranno necessarie dosi di richiamo per rafforzare la risposta anticorpale, dunque la protezione dal rischio di contagio, anche se “molte persone potrebbero non averne bisogno – ha aggiunto l’epidemiologo – . In tanti potrebbero aver avuto un richiamo naturale perché già infettati dal virus, quindi avrebbero effettivamente avuto tre dosi di vaccino”.

L’analisi dei dati dello ZOE Covid Study si aggiunge ai risultati di un altro studio simile, rilasciato la scorsa settimana in pre-print dall’Office for National Statistics e dall’Oxford Vaccine Group, da cui è emerso che la protezione dall’infezione del vaccino di Pfizer è scesa dal 92% al 78% entro 3 mesi dalla seconda dose, mentre quella di Astrazeneca è passata dal 69% al 61%, rimanendo più stabile. La Public Health England (PHE) calcola che finora siano stati evitati circa 84.600 decessi e 23 milioni di infezioni grazie al programma di vaccinazione anti-Covid in Inghilterra.

Come negli Stati Uniti e in Israele, dove l’operazione terza dose è già avviata, anche il Regno Unito dovrebbe avviare la campagna di richiami nel mese di settembre, molto probabilmente partendo da anziani e più vulnerabili. Le Autorità sanitarie sono in attesa del parere del Joint Committee on Vaccination and Immunisation (JCVI), il comitato consultivo per la vaccinazione e l’immunizzazione che sta esaminando le prove a sostegno di una decisione.

261 CONDIVISIONI
32800 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views