Le 10 parti più inutili del corpo umano
Chi ha detto che il nostro corpo è una macchina perfetta? Quando un “colpo della strega” ci costringe a letto, è difficile essere della stessa idea. I dolori articolari sono la fastidiosa contropartita della postura eretta sugli arti posteriori, che abbiamo assunto in epoche remote ancora oggi non definite con certezza dagli studiosi. L’evoluzione, che ha premiato questa “scoperta” dei nostri antenati, non ci ha tuttavia impedito di soffrire problemi derivanti da una postura che sembrerebbe andare contro natura, dato che nessun animale al mondo, che si sappia, soffre di mal di schiena. Ma l’evoluzione di milioni di anni ci ha anche fornito di parti del corpo che, oggi, risultano del tutto inutili. La rivista on-line Science Discovery ha stilato una classifica delle dieci cose più inutili del corpo umano, alcune delle quali davvero sorprendenti.
Vestigia evolutive
Sapevate di avere una terza palpebra? Il suo nome scientifico è Plica semiliunaris e non è facile da trovare. La due palpebre che conosciamo, quella superiore e inferiore, contraddistinte dalle ciglia, sono una peculiarità dell’essere umano: gli altri mammiferi, generalmente, hanno una sola palpebra, quella superiore. Altri, come gli uccelli o alcuni pesci e soprattutto i rettili, hanno la membrana nittitante, una palpebra trasparente che, coprendo l’occhio, può proteggerlo e idratarlo mantenendo tuttavia la capacità di vedere. Ebbene, anche gli uomini e le scimmie hanno una vestigia evolutiva di questa membrana: ciò che resta della terza palpebra, che ci portiamo dietro da centinaia di milioni di anni, da quando cioè eravamo pesci, è situato all’angolo dell’occhio, dove si trova la ghiandola lacrimale. A che serve? A niente, naturalmente, tant’è vero che non la usiamo.
Un’altra ancestrale vestigia della nostra evoluzione è il coccige, un osso che si trova alla fine della colonna vertebrale ma è diverso da tutte le altre 33-34 vertebre di cui siamo forniti, sembrando piuttosto un abbozzo, un prodotto di scarto. Il coccige è ciò che resta della coda che avevano i nostri lontanissimi progenitori scimmieschi. L’immagine può far sorridere, ma in realtà ciascuno di noi è nato con una coda, anche se non lo ricordiamo: la coda embrionale ci accompagna nel corso della nostra formazione all’interno della pancia della mamma, ed è anche ben visibile con l’ecografia. Scompare all’inizio del terzo mese, benché in alcuni casi – piuttosto rari – i nascituri subito dopo il parto presentino una coda piccola ma ben visibile, spesso di solo tessuto molle, rarissimamente composta anche da cartilagine. Oggi è possibile rimuoverla con una piccola incisione subito dopo la nascita; quel che resta della nostra bella coda è appunto l’osso del coccige, del tutto inutile dato che la postura eretta ha reso la presenza della coda un orpello fastidioso, che l’evoluzione ha eliminato nell’arco di un paio di milioni di anni.
Peli superflui
E che dire dei peli sul corpo? Circa tre milioni di anni fa i nostri antenati ne erano ricoperti, per evidenti necessità di sopravvivere alle avverse condizioni climatiche, soprattutto in mancanza di vestiti e in tempi di glaciazioni. Oggi, li chiamiamo “peli superflui”: nel corso dell’evoluzione, le donne li hanno persi quasi dappertutto, mentre negli uomini la loro lunghezza e diffusione si è fortemente ridimensionata. Tuttavia, è vero che i peli in determinate aree del corpo hanno avuto un’importante funzione sessuale. Nelle aree delle ascelle e intorno agli organi genitali maschili e femminili sono infatti presenti le cosiddette ghiandole apocrine, che secernono odori particolari, ritenuti capaci di attrarre i partner, come i feromoni negli animali. I peli presenti in quelle parti hanno la capacità di amplificare questi odori. Un tempo, gli odori sprigionati dalle ghiandole apocrine servivano quindi per l’accoppiamento. Oggi, cerchiamo di nasconderli con i profumi ed eliminare i peli quando possibile. La specie umana tra un paio di migliaia di anni potrebbe essere completamente glabra, capelli esclusi.
Anche il muscolo erettore del pelo è qualcosa di cui potremmo fare a meno. Presente in tutti i mammiferi, è un muscolo liscio dell’epidermide che non può essere controllato volontariamente. Quando il muscolo si contrae, il pelo subisce un’erezione che lo drizza. Chi ha visto un gatto arruffare il pelo dopo un grosso spavento o di fronte a ciò che considera una minaccia alla sua sopravvivenza, ha già intuito a cosa può servire drizzare il pelo: l’animale sembra più grosso e pericoloso, lanciando un chiaro segnale di dissuasione a chiunque abbia intenzione di attaccarlo. Anche i nostri antenati drizzavano il pelo per spaventare predatori e possibili contendenti, ma oggi non possiamo farlo anche volendo, perché il nostro strato di peluria corporea è troppo sottile. Tuttavia, un effetto del muscolo erettore del pelo ci è ben noto: la pelle d’oca. Ci viene in particolari situazioni di paura, ma non solo. Poiché nel frattempo il nostro cervello si è evoluto, possiamo sperimentare la pelle d’oca anche in condizioni di piacere, guadando un panorama mozzafiato, una scena di un film particolarmente grandiosa, ascoltando una musica emozionante o con una piacevole carezza del partner.
Come la dieta cambia il corpo
Un caso davvero fastidioso di vestigia evolutiva è il dente del giudizio. Sono quattro, due per fila di denti, e spuntano a partire da una certa età, quando tutti i denti “definitivi” si sono ormai pienamente sviluppati, in media intorno ai 18-20 anni. Non è raro che i denti spuntino anche prima, o molto più tardi, ma la loro utilità, in tutti i casi, è nulla. Si trovano infatti all’estremità delle arcate dentali e un tempo servivano a dare manforte agli altri molari per triturare e masticare cibi particolarmente duri, non cotti, o a sostituire quelli che potevano cadere a causa di un’igiene dentaria piuttosto primitiva o a una masticazione infelice. All’epoca, la mandibola e la mascella umana erano conseguentemente più grandi. Nel corso dei millenni, l’usanza di cuocere i cibi ha reso assai più facile la masticazione. Ne risulta che mandibole e mascelle abbiano oggi dimensioni più ridotte, rendendo difficile l’uscita dei denti del giudizio, che quindi provocano gravi fastidi quando cercano di spuntare. La soluzione migliore è tirarli via: un’operazione indolore fatta in anestesia locale, che tuttavia richiede a volte qualche puntino di sutura. È infatti in alcuni casi necessario scavare un po’ per tirarli fuori, proprio a causa della loro difficoltà a spuntare per l’assenza di spazio sufficiente.
Ma il più celebre degli organi che l’evoluzione umana ha reso inutile è l’appendice. Darwin sostenne lucidamente che il suo uso fosse connesso alle epoche in cui mangiavamo prevalentemente foglie e roba del genere: infatti, l’appendice – che si trova in fondo all’intestino – è particolarmente sviluppata nei mammiferi erbivori. Negli esseri umani è oggi lunga meno di 10 centimetri e spessa pochi millimetri, dunque assai più ridotta che negli ominidi nostri antenati. S’ipotizza che un cambiamento nella dieta umana abbia reso l’appendice gradualmente inutile, e che nel corso delle prossime migliaia di anni essa scompaia definitivamente. Per quanto inutilizzata, l’appendice è suscettibile a infiammazioni, che in casi più gravi comporta la necessità di un’asportazione chirurgica.
Sinusiti, adenoidi e tonsillite
I seni paranasali sono quattro cavità presenti nelle ossa facciali, al di sopra del naso, e con esso collegati. Non ci accorgiamo della loro presenza finché non si infiammano in seguito a raffreddore e infezioni batteriche: da qui deriva la sinusite, che in rari casi può sfociare in patologie più gravi. Non è chiaro a cosa servano, allora, i seni paranasali. Gli scienziati hanno proposto diverse spiegazioni: secondo alcuni, le cavità hanno la funzione di diminuire il peso delle ossa del cranio; secondo altri, riscaldano e umidificano l’aria ispirata con il naso; altri ancora propongono un ruolo nella modulazione della voce, il cui timbro sarebbe più o meno profondo a seconda della conformità dei seni. Fatto sta che la loro utilità in termini evolutivi ci sembra, oggi, alquanto dubbia.
Diverse parti del nostro sistema respiratorio superiore sembrano davvero inutili. Oltre ai seni paranasali, esistono anche altri elementi di scarsa utilità, capaci di creare più problemi che altro. Un esempio sono le adenoidi, una massa di tessuto linfatico posta nel cavo rinofaringeo, tra il naso e la bocca. In teoria, le adenoidi dovrebbero servire a intrappolare i batteri che si trovano nell’aria e che cercano di penetrare nel nostro organismo, ma spesso vanno incontro a infezioni che producono un insolito aumento del volume, con diverse conseguenze fastidiose tra cui la difficoltà a respirare con il naso. Di adenoidi soffrono principalmente i bambini, dato che con l’età la massa linfatica tende a ridursi naturalmente, e uno dei sintomi dell’ipertrofia adenoidale è la voce nasale, caratterizzata dal fatto che lo scarso spazio a disposizione dell’aria nel cavo rinofaringeo produce una voce piatta e poco sonora. In alcuni casi più gravi, le adenoidi possono essere asportate chirurgicamente. Il paziente che subisce questa semplice operazione non soffre di nessun disturbo successivo: segno che il nostro corpo potrebbe oggi fare volentieri a meno di loro.
Qualcosa del genere avviene con le tonsille, linfonodi che si trovano sul retro della bocca, abbastanza davanti da poter tuttavia essere facilmente visibili. Anche in questo caso la loro funzione dovrebbe essere quella di catturare batteri e microrganismi potenzialmente nocivi provenienti dall’aria che inspiriamo con la bocca, ma in alcuni casi possono subire forti infezioni tali da creare disturbi ben superiori agli effetti benefici che dovrebbero produrre. Nei casi sporadici basta un antibiotico, in quelli più gravi e ricorrenti è necessaria una tonsillectomia, un’operazione chirurgica di asportazione a cui sono sottoposti pazienti principalmente giovanissimi, anche se non sono troppo rari i casi di tonsillite ricorrente in pazienti adulti. Come nel caso dell’asportazione delle adenoidi, non ci sono controindicazioni all’operazione.
Le curiose vie dell'evoluzione
Al primo posto della curiosa classifica di Science Discovery c’è infine il capezzolo maschile. A che serve? La risposta è: boh! Sappiamo bene che nelle donne serve per allattare i pargoli, ma questa funzione non è presente negli uomini. Gli scienziati spiegano che, poiché gli embrioni umani si sviluppano tutti nello stesso modo fino al terzo mese, quando poi vanno incontro alla differenziazione sessuale, i capezzoli sono un residuo pre-differenziazione, che però non va via spontaneamente. Ciò avrebbe un senso se avessero una qualche utilità, che al momento ci sfugge. Spiegazioni che tengono conto di questioni di natura estetica o simmetrica sono quelle più accettate, ma la loro scarsa o nulla utilità non impedisce che in alcuni casi siano fonte di dolori. L’evoluzione ha purtroppo il suo scotto da pagare.