L’antidepressivo fluvoxamina può prevenire le forme gravi di Covid-19
La fluvoxamina, un farmaco utilizzato per il trattamento della depressione e dei disturbi dell’ansia, ha mostrato poter prevenire alcune delle più gravi complicazioni dell’infezione da coronavirus e rendere meno probabile il ricovero in ospedale. Lo indicano i risultati di uno studio condotto dalla Washington University School of Medicine di St. Louis, nel Missouri, che ha visto impegnati i ricercatori del Dipartimento di Psichiatria e la Divisione di Malattia Infettive dell’ateneo statunitense.
L’indagine ha coinvolto 152 pazienti risultati positivi all’infezione da coronavirus con sintomatologia lieve o moderata da poter essere curati in casa, di cui 80 trattati con fluvoxamina e 72 con placebo. “Nessuno dei pazienti che ha ricevuto fluvoxamina è andato incontro a un peggioramento del quadro clinico – evidenziano gli studiosi – . Al contrario, 6 dei 72 pazienti trattati con placebo (8,3%) ha sviluppato una forma grave di malattia per cui si è reso necessario il ricovero in ospedale”. In particolare, i pazienti cui è stato somministrata fluvoxamina “non hanno sviluppato né gravi difficoltà respiratorie né hanno richiesto il ricovero in ospedale per problemi alla funzione polmonare” aggiungono i ricercatori, sottolineando che a differenza della maggior parte dei trattamenti sperimentali rivolti a pazienti con forme gravi di Covid-19, lo studio ha focalizzato l’attenzione sulla ricerca di una terapia “che possa evitare che si ammalino in misura tale da richiedere la supplementazione di ossigeno o il ricovero in ospedale”.
In tal senso, la fluvoxamina ha dimostrato di poter prevenire le forme gravi di Covid-19. “Ci sono diversi meccanismi attraverso cui questo farmaco può aiutare i pazienti con Covid-19 – ha premesso Angela Reirsen, autore senior dello studio pubblicato sul JAMA – . Riteniamo però che molto probabilmente possa interagire con il recettore Sigma-1, una proteina coinvolta nella regolazione della risposta infiammatoria, riducendo la produzione di molecole infiammatorie”. Precedenti ricerche hanno infatti dimostrato che “la fluvoxamina può ridurre l’infiammazione dovuta a sespi in modelli animali e potrebbe svolgere un ruolo analogo anche nei pazienti con Covid-19”.
Reiersen ha inoltre affermato che gli effetti del farmaco sull’infiammazione potrebbero impedire al sistema immunitario di montare una risposta eccessiva, che si ritiene possa verificarsi in alcuni pazienti che sembrano migliorare dopo pochi giorni di malattia ma che poi peggiorano improvvisamente. “Il nostro obiettivo – ha aggiunto Caline Mattar che ha collaborato allo studio – è quello di aiutare i pazienti che possono essere curati a casa a non sviluppare forme di malattia tali da dover essere ricoverati in ospedale. Quello che abbiamo visto finora osservato suggerisce che la fluvoxamina possa essere uno strumento importante per raggiungere questo obiettivo”.