La variante sudafricana preoccupa gli scienziati: “Fino a 10-12 volte più resistente agli anticorpi”
Gli anticorpi indotti dagli attuali vaccini di Pfizer e Moderna sono meno efficaci nel neutralizzare le varianti del coronavirus, in particolare quella sudafricana. Lo indicano i risultati di un nuovo studio pubblicato su Nature da un team di ricerca del Columbia University Irving Medical Center di New York che ha analizzato la capacità neutralizzante del siero di persone vaccinate nei confronti di due versioni mutate di Sars-Cov-2, la variante inglese (B.1.1.7) e appunto la sudafricana (B.1.351), entrambe definite “varianti di preoccupazione” a causa della maggiore facilità di trasmissione e delle mutazioni presenti nella proteina Spike che il coronavirus utilizza per legare le cellule e penetrare al loro interno.
In particolare, i ricercatori hanno evidenziato “un apprezzabile calo” dell’attività neutralizzante contro la variante sudafricana rispetto alla variante inglese per la quale, al contrario, “è improbabile che la perdita di attività neutralizzante abbia un impatto negativo a causa dell’ampio ‘cuscinetto’ di attività anticorpale neutralizzante residua”. Gli studiosi hanno infatti osservato che, contro la variante del Regno Unito, la neutralizzazione è scesa “di circa due volte” rispetto al virus originario, una riduzione che “vediamo di riflesso nei risultati della sperimentazione del vaccino di Novavax, risultato efficace all’85,6% contro la variante britannica”.
Più preoccupanti, invece, i risultati sulla variante sudafricana, in quanto è risultata “notevolmente più resistente alla neutralizzazione”, con un calo dell’attività neutralizzante di 10,3-12,4 volte del siero dei vaccinati “che stiamo osservando, sulla base dei risultati di Novavax, portare a una riduzione dell’efficacia protettiva della vaccinazione (49% nella sperimentazione in Sudafrica, ndr)”. Variazioni significative sono state osservate anche nella neutralizzazione da parte degli anticorpi monoclonali e nella resistenza alla neutralizzazione del plasma convalescente (9,4 volte), sollevando lo spettro di una minore efficacia della terapia e una maggiore probabilità di reinfezione. La ricerca non ha valutato la variante emersa in Brasile (B.1.1.28) ma, poiché questa ha alcune mutazioni analoghe a quelle della sudafricana, i ricercatori ritengono che possa avere una resistenza simile.
“Il nostro studio e i nuovi dati della sperimentazione clinica mostrano che il virus sta viaggiando in una direzione che lo sta portando a sfuggire alle terapie e ai vaccini diretti contro la proteina Spike – ha affermato il professor David Ho, direttore del Aaron Diamond AIDS Research Center e docente del Dipartimento di Microbiologia e Immunologia del Columbia University Irving Medical Center – . Se la diffusione dilagante del virus continua e si accumulano mutazioni più critiche, allora potremmo essere condannati a inseguire continuamente l’evoluzione di Sars-Cov-2, come accaduto per il virus dell’influenza”. Di conseguenza, conclude Ho, serve “interrompere il più rapidamente possibile la trasmissione del virus, raddoppiando le misure di contrasto e accelerando la vaccinazione”.