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La struttura dell’Universo ricorda quella del formaggio Emmental e noi viviamo in un buco

Il vuoto in cui si trova la nostra galassia, chiamato KBC e teorizzato sin dal 2013, sarebbe in media sette volte più grande degli altri vuoti. La presenza di questi ‘buchi’ aiuta a spiegare le discrepanze che emergono nei calcoli del tasso di espansione dell’Universo.
A cura di Andrea Centini
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In occasione del 230° meeting della American Astronomical Society, che si sta tenendo in questi giorni ad Austin, in Texas, un team di ricerca dell'Università del Wisconsin-Madison ha suffragato una nuova teoria sulla struttura dell'Universo, spiegando la ragione per cui non quadrano alcuni calcoli cosmologici. In parole semplici, l'Universo sarebbe come una sorta di gigantesca forma di formaggio svizzero, costituito dunque da aree più dense – i filamenti – e da altre – i vuoti – molto più povere di ammassi, galassie e tutto ciò che esse contengono, come stelle, pianeti e altri oggetti celesti.

Secondo gli studiosi americani, la nostra galassia, la Via Lattea, si troverebbe proprio nel cuore di uno di questi ‘vuoti', ma non in uno qualsiasi. In base ai calcoli degli astrofisici, il ‘nostro' vuoto, che in uno studio del 2013 era stato già individuato e chiamato KBC, dal nome dei suoi scopritori (Ryan Keenan, Amy Barger e Lennox Cowie), sarebbe in media sette volte più grande degli altri vuoti, e si estenderebbe per ben un miliardo di anni luce. Se si considera l'enormità della Via Lattea, che si estende per circa 100mila anni luce, il vuoto in cui ci troviamo occupa uno spazio anche difficile da immaginare.

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I vuoti e i filamenti hanno una differente forza di attrazione gravitazionale, ed è per questa ragione che i calcoli per descrivere la velocità di espansione dell'Universo, basati sulla cosiddetta costante di Hubble, discordano a seconda della tecnica utilizzata. Il discorso sarebbe diverso se vivessimo in uno spazio omogeneo, con una distribuzione uniforme del “brodo” che costituisce l'Universo. “Non importa quale tecnica si utilizza – ha sottolineato il dottor Ben Hoscheit, autore principale del nuovo studio -, si dovrebbe ottenere sempre lo stesso valore per il tasso di espansione dell'Universo di oggi”. “Fortunatamente, vivere in un vuoto aiuta a risolvere la discrepanza”, ha concluso lo studioso.

Normalmente, per calcolare il tasso di espansione si utilizzano la tecnica della misurazione energetica delle esplosioni di supernovae (scala locale) e quella della misurazione della radiazione cosmica di fondo prodotta dal Big Bang (scala cosmica). Il vuoto calcolato dagli studiosi influenzerebbe la scala locale ma non quella cosmica, ed è per questa ragione che si presentano discrepanze nei calcoli con la costante di Hubble. La presenza dei vuoti è naturalmente solo teorizzata, ma è plausibile e permette di risolvere uno dei tanti dilemmi astrofisici.

[Immagini di William Graf]

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