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La paura può essere bloccata e ‘dimenticata’, italiani scoprono come riuscirci nel cervello

Gli scienziati hanno scoperto che la paura e la sua memoria si formano non nell’ippocampo, come precedentemente pensato, ma nell’ipotalamo. Lo studio italiano è riuscito a bloccare e sbloccare la paura nei ratti e questo offre nuove speranze per chi soffre di ansia e disturbo post traumatico da stress: ecco perché.
A cura di Zeina Ayache
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Un gruppo di scienziati italiani ha scoperto che la memoria si forma anche nell’ipotalamo, struttura ‘antica’ del nostro cervello, questo significa che la paura può essere bloccata e, addirittura, dimenticata. Vediamo insieme come gli esperti siano giunti a questa conclusione e quali siano i benefici per le persone che soffrono di ansia o disturbo post traumatico da stress.

L’importanza delle memoria emotiva. Prima di comprendere come gli scienziati siano riusciti a bloccare la paura, dobbiamo fare un passo indietro e partire dalla memoria emotiva. Ognuno di noi infatti sviluppa rappresentazioni di memoria emotiva, detti engrammi, che sono fondamentali per la sopravvivenza, come ad esempio lo è la paura, che ci permette di preservarci percependo, valutando e rispondendo a situazioni potenzialmente pericolose per noi. La memoria emotiva in alcuni casi però non è più adattativa, cioè non agisce per ‘salvarci’, ma può portarci a vivere stati di ansia generalizzata o un disturbo post traumatico da stress, quando cioè la paura diventa patologica al punto da non permetterci di vivere normalmente la nostra esistenza.

Cosa succede nel cervello. Fino ad oggi, gli scienziati pensavano che queste tracce di memoria si formassero e preservassero nell’ippocampo per essere poi trasportate nella corteggia per essere immagazzinate. Gli esperti italiani hanno scoperto che questo processo avviene nell’ipotalamo, considerata una struttura cerebrale più antica da un punto di vista evolutivo.

Lo studio. Per giungere a questa conclusione, gli esperti hanno preso in considerazione le conseguenze dell’ossitocina sulla paura. L’ossitocina, l’ormone dell’amore e della felicità, viene prodotta da neuroni ipotalamici che vengono reclutati durante la formazione della memoria della paura in un determinato contesto. Gli scienziati sono riusciti a marcarli e a renderli capaci di esprimere proteine in grado di attivare l’attività neuronale tramite la stimolazione con la luce con fibre ottiche, quella che è conosciuta come optogenetica, o a bloccare attraverso particolare sostanze chimiche, quella che è la chemogenetica. Così facendo, nei ratti è stato possibile attivare questi neuroni ipotalamici a ossitocina per ‘sbloccare’ gli animali di fronte allo stimolo che precedentemente in loro innescava la paura: in pratica gli scienziati, intervenendo direttamente nel cervello con la fotostimolazione, hanno fatto ‘dimenticare’ ai ratti che avevano paura e questi, effettivamente, di fronte allo stimolo non si bloccavano.

L’estinzione della paura. Grazie a questa manipolazione, gli scienziati hanno scoperto anche la possibilità di intervenire sulla ‘estinzione’ della memoria, cioè sul riuscire col tempo a far dimenticare la paura, favorendo la flessibilità cognitiva.

A cosa serve questo studio. Questo studio permette agli scienziati, innanzitutto, di comprendere meglio il funzionamento del nostro cervello, e poi di poter intervenire sulla paura nei soggetti che soffrono di condizioni ad essa legate, come ansia e disturbo post traumatico da stress.

Lo studio, intitolato "A Fear Memory Engram and Its Plasticity in the Hypothalamic Oxytocin System", è stato pubblicato su Neuron.

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