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La particella di Majorana esiste davvero: cos’è e cosa c’entrano i computer quantistici

Un team internazionale di studiosi guidato da scienziati dei Paesi Bassi ha dimostrato l’esistenza della particella di Majorana, teorizzata dal fisico italiano nel 1937. Poiché con essa si possono realizzare qubit più stabili di quelli già noti, questa scoperta potrebbe aprire le porte ai potentissimi computer quantistici.
A cura di Andrea Centini
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Confermata l'esistenza dell'enigmatica “particella di Majorana”, teorizzata negli anni '30 del secolo scorso dal fisico italiano Ettore Majorana. La sua scoperta potrebbe rivoluzionare il campo dell'informatica, spalancando le porte agli avveniristici computer quantistici, in grado di surclassare i tradizionali computer – ma anche i supercomputer – sotto il profilo della potenza di calcolo. A dimostrarne l'esistenza un team di ricerca internazionale guidato da studiosi del QuTech e del Kavli Institute of NanoScience presso l'Università tecnica di Delft (Paesi Bassi), in collaborazione con i colleghi dell'Università tecnica di Eindhoven, del JQI Maryland e dell'Università della California di Santa Barbara.

Ma cos'è questa particella di Majorana? La sua peculiarità deriva dal fatto di essere allo stesso tempo sia una particella – tecnicamente un fermione, una particella con uno specifico spin – che la sua antiparticella. Il fisico italiano, uno dei ‘ragazzi di via Panisperna' misteriosamente scomparso nella primavera del 1938, la teorizzò nella sua “Teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone” scritta nel 1937. Molto probabilmente si tratta di un neutrino, cioè di una particella con carica elettrica nulla, ed è proprio studiando i neutrini che gli studiosi guidati dal professor Hao Zhang ne hanno dimostrato l'esistenza. In parole semplici, quando neutrino e antineutrino corrispondono si avvia una reazione chiamata ‘zero neutrini', scatenando un ‘picco di polarizzazione zero' in specifiche condizioni magnetiche ed elettriche. Questo picco è la prova dell'esistenza della particella di Majorana, che Zhang e colleghi hanno rilevato in un nanofilo composto da un semiconduttore e un materiale superconduttivo. I picchi erano stati già rilevati in passato, ma con i nuovi esperimenti l'individuazione è risultata più efficace e ‘raffinata'.

Cosa c'entra la particella di Majorana con i computer quantistici? I computer tradizionali si basano sul bit – in pratica la loro unità di misura dell'informazione – mentre i computer del futuro si baseranno sul qubit, il bit quantistico. La differenza fondamentale tra i due risiede nel fatto che il secondo, basandosi sulla meccanica quantistica, aumenta a dismisura la velocità di calcolo e dunque la potenza dei computer. Poiché dall'unione di particelle di Majorana possono nascere qubit più stabili ed efficienti di quelli già noti (Zhang e colleghi proveranno con quattro particelle), ciò spiega il motivo per cui averne dimostrato l'esistenza potrebbe rivoluzionare il mondo dell'informatica. I dettagli dell'affascinante ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature.

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