La pandemia ha aumentato l’uso serale di dispositivi elettronici (e i disturbi del sonno)
Il riposo notturno è risultato essere una delle vittime privilegiate della pandemia di Covid-19. Soprattutto durante i periodi di maggiori restrizioni, durante i quali le tecnologie (e in particolare i social media) hanno avuto un ruolo determinante nel fronteggiare la mancanza di interazioni sociali. Con però un risvolto negativo, dal momento che l’uso serale di dispositivi elettronici ha mostrato avere una serie di ripercussioni sulla durata e la qualità del sonno. A rilevarlo è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Sleep dai ricercatori dell’Università degli Studi dell’Aquila che hanno valutato come l’uso pervasivo di schermi retroilluminati (come quelli di smartphone, tablet, computer e televisori) abbia interferito sul riposo notturno degli italiani.
Uso dei dispositivi elettronici e disturbi del sonno
L’indagine, denominata “Il sonno ai tempi del coronavirus”, ha coinvolto 2.123 residenti in Italia (età media 33 anni) durante il primo lockdown, valutando la qualità del sonno attraverso un sondaggio web ed esaminando i cambiamenti intervenuti in relazione all’utilizzo di apparecchi elettronici nelle due ore prima di addormentarsi. Il 92,4% dei partecipanti che ha riportato un aumento dell’uso di questi dispositivi ha anche mostrato una riduzione della qualità del sonno, un aumento dei sintomi di insonnia, una durata del riposo notturno più breve e uno spostamento in avanti della fase di sonno (orari di addormentamento e risveglio ritardati).
Al contrario, il 7,1% dei partecipanti che ha riferito una diminuzione del tempo trascorso davanti a schermi elettronici ha invece rilevato un miglioramento della qualità del sonno e un minor numero di sintomi di insonnia. In questo sottogruppo è stata anche osservata una diminuzione del numero di persone che dormono male e un più basso numero di sintomi di insonnia moderata/grave. Inoltre, anche chi non ha riportato alcun cambiamento nell’esposizione a schermi retroilluminati non ha mostrato variazioni nelle abitudini del riposo notturno e, in particolare, ha riferito una migliore qualità del sonno e un minor numero di sintomi di insonnia moderata/grave, suggerendo nel complesso la forte relazione tra l’aumento dell’uso serale di dispositivi elettronici e l’andamento dei disturbi del sonno durante il lockdown.
“L’uso improprio di dispositivi elettronici nelle ore che precedono il sonno era un’abitudine profondamente radicata nella nostra società già prima dell'emergenza pandemia, in particolare tra i giovani – ha evidenziato il dottor Federico Salfi, dottorando di ricerca in Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi dell’Aquila e primo autore dello studio – . A nostro avviso, il distanziamento sociale ha gettato ulteriore benzina sul fuoco”.
L’evidenza di una forte relazione tra il cambiamento di abitudini di utilizzo dei dispostivi elettronici e l’andamento temporale dei disturbi del sonno durante il periodo del lockdown “suggerisce che, ora più che mai, come la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui rischi associati a tali comportamenti possa essere fondamentale per preservare la salute generale del sonno, non solo durante la pandemia ma anche per il futuro – ha aggiunto il professor Michele Ferrara, Direttore del Laboratorio di Psicofisiologia del Sonno e Neuroscienze Cognitive dell’Università dell'Aquila e responsabile del progetto di ricerca – . L’esposizione a schermi retroilluminati nelle ore precedenti l’addormentamento può avere serie ripercussioni sul benessere del sonno, da una parte mimando gli effetti dell’esposizione alla luce solare, e quindi interferendo con la ritmicità circadiana dell’ormone melatonina, e d’altra parte andando a contrastare la sonnolenza serale a causa dei contenuti emozionalmente e psicofisiologicamente attivanti”.