La base antartica dove si impara a non aver paura del buio
Per imparare ad andare un giorno nello spazio, si può iniziare restando con i piedi per terra, trasferendosi nel più inospitale degli ambienti del nostro pianeta, il Polo Sud. È qui che si trova la base Concordia, gestita non a caso dall’ESA, l’Agenzia spaziale europea, dove il personale si appresta ora ad affrontare il gelido inverno antartico, caratterizzato da una lunga notte che accentua, oltre al freddo, la sensazione di un isolamento totale.
Cercasi medici per il Polo Sud – Se avete una laurea in medicina e volete accettare la sfida estrema della base Concordia, siete ancora in tempo: il prossimo giugno scadono i termini del bando per un nuovo membro del personale con preparazione medica. C’è da credere che non ci sarà troppo concorrenza, nonostante il fatto che l’ESA paghi bene. La base Concordia è infatti uno dei posti più remoti presenti sulla Terra, costruita sul ghiaccio antartico a ben 3200 metridi quota. Si possono ricevere aiuti e rifornimenti per metà dell’anno, ma quando arriva l’inverno non c’è modo di andar via: per sei mesi, i 13 membri dello staff della base devono contare unicamente su loro stessi, completamente isolati dal resto del mondo. E nel mezzo di questo gelido inverno, il Sole sparisce per quattro mesi, condannando i tenaci scienziati a una lunghissima notte.
Testare gli effetti dell'isolamento estremo – Realizzata dall’Istituto Polare Francese e dal Programma Antartico Italiano, nel 2002 la stazione è entrata a far parte dei programmi dell’ESA proprio a cause della sua ubicazione eccezionale, che permette di condurre non solo esperimenti di meteorologia, geologia e astronomia, ma anche di biologia umana, per scoprire come il nostro corpo e la nostra mente riescano ad adattarsi ad ambienti estremi: le stesse che si possono sperimentare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale o in una futura missione umana su Marte. Qualche mese fa era stato completato con successo un esperimento di isolamento di un equipaggio di una finta astronave riprodotta in Russia, sempre con la partnership dell’ESA. Ma in quel caso, se qualcosa fosse andato storto, chi stava all’esterno avrebbe potuto aprire in qualsiasi momento il portellone e far uscire l’equipaggio. Alla base Concordia questo non è possibile quando arriva l’inverno.
Addio al sole – La settimana scorsa il personale ha salutato il sole, tramontato dietro l’orizzonte, dove tornerà a fare capolino tra quattro mesi. Le temperature esterne presto caleranno a -80°. “Stiamo analizzando il modo in cui l’equipaggio si comporta in un simile ambiente, in particolare per ciò che riguarda il sonno. L’altitudine elevata alla base Concordia può già influenzare la qualità del sonno”, spiega il coordinatore del programma ESA, Oliver Angerer. “Tolta del tutto la luce solare, diventa ancora più difficile mantenere i normali ritmi del corpo”. Esattamente ciò che accade nello spazio, dove l’alternarsi dell’alba e del tramonto non scandiscono i ritmi della giornata, con il rischio di scombussolare l’organismo, che tara molti delle sue funzioni sul naturale ciclo veglia/sonno.
Il posto più isolato del mondo – La base Concordia si compone di due grandi edifici principali, di forma cilindrica, per ridurre la perdita di calore all’interno, collegati da una galleria ovviamente coperta. Un sistema di raccolta e riciclo delle acque grigie e nere, simile a quello che si usa a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, riduce il consumo di acqua, mentre elettricità e calore sono garantiti da tre generatori Diesel e da un altro generatore di emergenza. Il viaggio per raggiungere la base non è facile, ed è paradossalmente più lungo di quello necessario per raggiungere le basi spaziali in orbita. Si parte dal porto di Hobart in Tasmania a bordo della nave Astrolabe, utilizzata dall’Istituto Polare Francese per rifornire la base Concordia. Il viaggio lungo l’Oceano Antartico dura circa una settimana, prima di arrivare alla stazione Dumont d’Urville, gestita dai francesi, sulla costa de Polo Sud. Da qui si parte a bordo di un biplano, che deve percorrere1200 kmprima di poter atterrare alla base, in un viaggio non facilissimo, in quanto all’altitudine di volo la pressione dell’aria è a un terzo di quella al livello del mare e le condizioni meteorologiche non sono sempre tra le più clementi. Qui, i membri dell’equipaggio vivono un anno intero, portano avanti gli esperimenti richiesti dall’ESA, ma soprattutto sfidando le più estreme condizioni di isolamento sulla Terra, finché, un bel giorno, il sole torna a splendere ed è possibile prepararsi per tornare a casa.