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L'orologio dell'apocalisse è a cinque minuti dalla mezzanotte

L’Associazione degli scienziati atomici americani fa avanzare “l’orologio dell’apocalisse” di un minuto verso la mezzanotte: la sfida nucleare dell’Iran, i lenti progressi del disarmo, la minaccia non più differibile del cambiamento climatico spingono il mondo verso un punto di non ritorno.
A cura di Roberto Paura
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doomsday_clock

"It's five minutes to midnight", assicurano gli esperti americani di politica nucleare. Cinque minuti alla mezzanotte, alla fine del mondo. No, gli "Atomic Scientists" non si sono improvvisamente convertiti alla profezia Maya sul 2012, ma hanno voluto dare un segnale forte alla comunità internazionale come solo loro lo sanno dare, da decenni, attraverso quell'inquietante simbolo dell'immaginario contemporaneo che è "l'orologio dell'apocalisse", il doomsday clock. Siamo un minuto più vicini alla mezzanotte, insomma, da quando qualche giorno fa l'orologio dell'apocalisse è stato portato a mezzanotte meno cinque. Perché?

Disarmo nucleare troppo lento

bomba

Nel 2010 gli esperti del Bulletin of Atomic Scientists, l'organizzazione nata alla fine degli anni '40 per sostenere l'uso pacifico del nucleare e ammonire l'umanità riguardo gli effetti di una guerra atomica che all'epoca sembrava inevitabile, avevano spostato le lancette dell'orologio a sei minuti alla mezzanotte, un minuto indietro. Un gesto positivo che esprimeva la soddisfazione nei riguardi di importanti gesti di distensione internazionale, tra cui il nuovo accordo per la riduzione degli armamenti tra USA e Russia e una più decisa collaborazione dell'Iran nei confronti dei suoi programmi nucleari. "Il mondo possiede ancora approssimativamente 19.500 testate nucleari, abbastanza potenti da uccidere gli abitanti della Terra diverse volte", ricordano oggi gli scienziati atomici. I lenti progressi dell'accordo NewSTART siglato da Obama e Medvedev nel dicembre 2010 non infondono grande fiducia sul fatto che questo impressionante arsenale possa significativamente ridursi nel giro di pochi anni. A ottobre, gli Stati Uniti avevano smantellato l'ultima grande bomba nucleare, l'ultima cioè con una potenza superiore al megatone (equivalenti a un milione di tonnellate di dinamite o a cento volte la potenza della bomba di Hiroshima).

Permane ancora molto disaccordo tra le due ex superpotenze, USA e Russia, riguardo questioni di interesse strategico come il problema della difesa missilistica. Il proposito di George W. Bush di costruire uno scudo anti-missile in Europa per difendere l'Occidente da eventuali aggressioni con testate nucleari aveva provocato un violento braccio di ferro con la Russia di Putin, alcuni anni fa. Anche se Obama ha congelato il programma, l'ipotesi resta sempre sul tappeto e continua a non piacere ai russi. Non solo. Le altre potenze atomiche del mondo non hanno firmato nessun accordo per un'analoga riduzione delle testate in loro possesso, e anzi alcune di esse hanno iniziato a lavorare per rimpiazzare le vecchie testate nucleari con nuovi ordigni. Giustificando questa pretesa con ragioni di sicurezza (le testate nucleari, deteriorandosi, potrebbero diventare pericolose), in realtà tali paesi fanno progredire le tecnologie nucleari nel settore militare, aprendo nuove prospettive per la realizzazione di ordigni nuovi e più raffinati.

La sfida dell'atomica iraniana

busher

A preoccupare gli "atomic scientists" sono anche le continue ambiguità del governo di Teheran riguardo i propri programmi nucleari. La recente entrata in funzione di un nuovo impianto sotterraneo di arricchimento dell'uranio, confermata dalla Russia, è stata accolta con forte preoccupazione dai membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Ma, nonostante USA ed Europa premano per nuove sanzioni, Russia e Cina al momento non ne vogliono sapere. L'arricchimento dell'uranio è un processo necessario per rendere l'uranio naturale adeguato ad alimentare le centrali atomiche: anche se l'Iran dichiara che tale arricchimento avviene solo per usi civili, e quindi per la produzione di energia elettrica, il possesso di una tecnologia di arricchimento rende assolutamente possibile la realizzazione del cosiddetto uranio weapon-grade, arricchito cioè al punto da essere adatto per fabbricare una bomba atomica. La differenza non è di poco conto: l'uranio va arricchito intorno al 3% per essere usato come combustibile delle centrali, mentre il grado di arricchimento deve superare il 90% per poter fabbricare un'arma nucleare. Ma a livello teorico, l'Iran ora ha questa capacità.

“ Il mondo possiede ancora approssimativamente 19.500 testate nucleari, abbastanza potenti da uccidere gli abitanti della Terra diverse volte. ”
Bulletin of the Atomic Scientists
"La possibilità di un uso di armi nucleari in conflitti regionali nel Medioriente, Nord-est asiatico e in particolare in Asia meridionale è altrettanto allarmante", scrivono gli esperti. A preoccupare, insomma, non è solo l'Iran, ma anche il Pakistan, che da sempre è in attrito con l'India – due paesi dotati entrambi dell'atomica – e la Corea del Nord. Il recente cambio al vertice del potere in Corea del Nord può provocare tensioni con il vicino sudcoreano: tensioni dall'esito imprevedibile. Gli scienziati atomici ricordano inoltre il grave incidente di Fukushima dello scorso marzo e sostengono la necessità di lavorare a reattori nucleari di nuova generazione, più sicuri e tali da resistere a qualsiasi tipo di catastrofe naturale, anche la più imprevedibile. L'incidente di Fukushima, sostengono gli scienziati, dimostra che anche l'uso civile di energia nucleare continua a essere più pericoloso di quanto finora si è voluto ammettere.

Il cambiamento climatico verso il punto di non ritorno

Ma gli scienziati atomici ricordano anche il pericolo rappresentato dal cambiamento climatico. "Difatti, la comunità mondiale potrebbe essere vicina a un punto di non ritorno nello sforzo di prevenire catastrofici cambiamenti dell'atmosfera terrestre", scrivono sul Bulletin. L'International Energy Agency sostiene che, senza l'adozione di reali alternative all'energia da combustibili fossili entro i prossimi cinque anni, il mondo sarà destinato a soffrire un clima più caldo, più violento, più imprevedibile, con tragiche conseguenze: fame, siccità, desertificazioni e inondazioni, aumento dei livelli del mare, intere isole e città costiere sommerse, con un aumento dell'acidità degli oceani che potrebbe compremettere la fauna e la flora ittica. Se la produzione di gas serra continuerà all'attuale tasso di emissioni per i prossimi 40-50 anni, questo trend non potrà più essere modificato: sarà ormai troppo tardi.

L'alternativa non può più essere solo l'energia nucleare, ammettono gli scienziati atomici. Segnali incoraggianti stanno infatti emergendo dalle risorse rinnovabili. L'energia solare sta aumentando l'efficienza e riducendo i costi, altrettanto l'energia eolica, mentre politiche di risparmio ed efficienza energetica sono state adottate da numerosi paesi occidentali. Ma il progresso segnato da queste fonti energetiche potrebbe non essere abbastanza veloce da invertire il trend in corso.

Le proposte degli scienziati atomici

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Per questo, l'Assocciazione degli scienziati atomici, dopo aver espresso le sue preoccupazioni, presenta alla comunità politica internazionale una serie di misure da intraprendere per far sì che la lancetta dell'orologio torni di nuovo indietro, allontanandosi dalla mezzanotte. Tra la richieste, la ratifica da parte di Stati Uniti e Cina del trattato che mette al bando tutti i test nucleari – al momento l'America, non firmataria, attua una moratoria, ma potrebbe in qualsiasi momento riprendere i test se lo volesse; l'introduzione di misure più stringenti riguardo la non-proliferazione delle armi nucleari, che impedisca che usi civili dell'energia atomica possano nascondere obiettivi di tipo militare: tra queste misure, il divieto di riprocessamento del plutonio, una tecnica tramite il quale si possono fabbricare armi nucleari; il controllo degli arsenali e dei materiali sensibili dell'ex URSS e di quegli altri paesi (come il Sudafrica) che hanno smantellato testate atomiche ma continuano a conservare uranio arricchito e altre tecnologie che potrebbero essere trafugate; la rapida adozione di un nuovo accordo internazionale sul cambiamento climatico che riduca sensibilmente le emissioni di gas serra; una più veloce sostituzione delle centrali a carbone con energia rinnovabile.

L'orologio dell'apocalisse è stato, in alcuni anni, anche più vicino alla mezzanotte rispetto a oggi. Nel 1949, il primo test atomico dell'URSS dimostrò che, in largo anticipo sui tempi previsti, anche Mosca possedeva l'arma nucleare: mancavano tre minuti alla mezzanotte. E nel 1953, quando l'URSS testò la prima bomba all'idrogeno, il mondo fu a soli due minuti dall'apocalisse. Dopo una lunga, parziale distensione, l'orologio tornò ad avvicinarsi alla mezzanotte nel 1981, quando l'URSS invase l'Afghanistan e il nuovo presidente Reagan rilasciò pesanti dichiarazioni riguardo la possibilità, per gli USA, di vincere una guerra termonucleare: quattro minuti alla mezzanotte. E poi ancora peggio nel 1984, quando le prime ipotesi di uno scudo spaziale contro l'URSS e i toni guerrafondai di Reagan interruppero tutte le relazioni tra le due superpotenze, gettando il mondo nell'angoscia: tre minuti alla mezzanotte. Nel 1991 la fine della Guerra fredda e l'inizio di un'epoca di felice distensione ha allontanato l'ombra della guerra atomica, portando l'orologio molto indietro, a 17 minuti dalla mezzanotte. Ma, a partire dall'inizio del nuovo secolo, le nuove gravi tensioni internazionali hanno fatto di nuovo correre le lancette. Oggi siamo a cinque minuti dalla mezzanotte e, come ci ricordano gli scienziati, the Clock is ticking, il tempo stringe.

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