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Covid 19

L’epidemiologo Lopalco: “Il virus circola ancora in maniera nascosta in tutte le regioni”

Il Coordinatore scientifico della task force pugliese a Fanpage.it: “Anche nei giorni scorsi abbiamo visto che sono stati identificati dei focolai. Serve ancora un po’ di prudenza nelle relazioni sociali e nelle diverse situazioni, nei luoghi di lavoro e soprattutto negli spazi al chiuso”.
Intervista al Prof. Pier Luigi Lopalco
Epidemiologo, ordinario di Igiene e Medicina Preventiva dell'Università di Pisa e coordinatore scientifico della task force della Regione Puglia per l'emergenza Covid-19
A cura di Valeria Aiello
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La voglia di dimenticare il dramma dei mesi scorsi è tanta ma è ancora troppo presto per voltare pagina. “L’impatto che l’ondata pandemica ha avuto sul Sistema Sanitario Nazionale va ormai spegnendosi – spiega a Fanpage.it l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Pisa a capo della task force pugliese per l’emergenza coronavirus – . Questo non vuol dire che bisogna comportarsi in maniera sconsiderata e fare finta che non sia successo niente, perché non è vero”. Lo svuotamento delle terapie intensive e il calo dei ricoveri con sintomi descritti dai bollettini della Protezione Civile non vogliono dire che il virus non sia più tra noi.

Il coronavirus circola ancora?

Io credo che il virus, in maniera subdola e nascosta, circoli un po’ in tutte le regioni. Anche nei giorni scorsi abbiamo visto che sono stati identificati dei focolai. È probabile che continuino ad andare avanti anche per tutta l’estate. Quello che dobbiamo fare è identificarli, quindi chiudere così la circolazione indisturbata del virus.

Gli spostamenti possono facilitare questa circolazione?

Sicuramente, non possiamo negarlo. È chiaro che questo virus si sposta con le persone e che con le persone può diffondersi.

Questo significa che sarebbe meglio fermare gli spostamenti?

Direi di no, perché oggi conosciamo meglio il virus, siamo più preparati e sappiamo come identificarlo. Nel momento in cui abbiamo alta la guarda e messo in sicurezza le strutture “delicate”, come gli ospedali e le case di riposo, quello che va fatto è cercare di avere un po’ di prudenza nelle relazioni sociali e nelle situazioni in cui c’è un’applicazione umana, cioè nei luoghi di lavoro e altri ambienti, in particolare al chiuso. E soprattutto, serve fare tanta sorveglianza sul territorio, facendola bene.

Tra le diverse regioni si sta però notando una sostanziale differenza nel numero di nuovi casi. Perché?

Più della metà dei casi che vengono quantificati sono in Lombardia, è inutile non guardare un dato così evidente. È ovvio che dove c’è stata una maggiore circolazione del virus ci siano tanti positivi e, in questo senso, la Lombardia sta ancora scontando il fatto che la circolazione virale sia stata fuori controllo. Nel momento in cui si fanno operazioni di screening e tamponi su larga scala, vengono quindi fuori dei positivi. Questa è appunto la coda della circolazione virale.

Il Prof. Pier Luigi Lopalco
Il Prof. Pier Luigi Lopalco

Se poi mi chiede quale può essere il problema di avere un alto numero di positivi, capisce bene che dipende dal rischio di contagio. Le faccio un esempio. Se un positivo con una carica virale tale da poter infettare le altre persone entrasse in un ospedale, potrebbe creare un focolaio ospedaliero. Ed è questo che dobbiamo prevenire. Un positivo, che nella comunità generale potrebbe magari fare un danno molto relativo, entrando in un ospedale abbiamo visto che può fare anche morti.

Se guardiamo i dati che riguardano i deceduti, vediamo che la percentuale rispetto al totale dei contagiati, o meglio, il tasso di letalità, in Lombardia è intorno al 18% mentre in Piemonte è inferiore al 13%, cioè sotto la media nazionale che è del 14,5%. Perché notiamo questa differenza?

Un elemento è ovviamente rappresentato dal denominatore su cui viene calcolata la letalità, cioè il numero di casi totali. Se i casi sono stati ricercati molto attivamente, nel senso che tra i positivi abbiamo anche tanti asintomatici o persone con sintomi lievi, capisce bene che la letalità si abbassa. Un altro elemento che influenza la letalità è dato dall’età: laddove l’infezione è circolata di più nei soggetti anziani, troviamo una letalità maggiore. Questa è quindi una valutazione che andrà fatta nel momento in cui avremo un quadro completo dei dati, cioè quando si sarà conclusa, speriamo presto e bene, l’indagine di sieroprevalenza.

Cosa possiamo allora dire di questi mesi? Perché in alcune città il coronavirus ha colpito più che in altre?

Quello che abbiamo capito, sicuramente, è il ruolo dell’ospedale nel fare da volano dell’infezione. Dove l’epidemia è stata gestita più precocemente, mettendo in sicurezza gli ospedali e cercando di non mescolare reparti Covid con reparti non-Covid, e dove c’è stato il tempo di prepararsi un po’ meglio, abbiamo avuto un numero di casi inferiore. D’altra parte, non è possibile fare paragoni né formulare ipotesi solo sulla base del numero di casi registrati. Per poter fare un’analisi seria, serve andare un po’ più nel dettaglio dei casi, vedere dove si sono verificati, in quale fascia di età, in quali comunità… Quello che si può dire, però, è che non è una sorpresa il fatto che questo virus si sia diffuso un po’ più facilmente e velocemente nei piccoli centri, forse perché in questi c’è una maggiore connessione sociale mentre in città si vive un po’ più isolati.

Ma allora com’è possibile una differenza così netta tra Roma e Milano?

La differenza diciamo che si giustifica semplicemente confrontando quanto accaduto in Lombardia con quello che è successo nel resto d’Italia. Milano è stata coinvolta nella grossa epidemia lombarda che ha avuto una caratteristica completamente diversa dalle altre regioni e dal Lazio. Questo per diversi motivi: uno, non è escluso, va ricercato nella struttura del Servizio sanitario regionale, per intenderci nella minore propensione alla Sanità territoriale. Così come non si può certo negare il fatto che il virus sia arrivato prima in Lombardia, prendendola di sprovvista.

E i due turisti cinesi, non so se ricorda, che a fine gennaio erano risultati positivi nella Capitale?

In quel caso erano stati identificati immediatamente, per cui non hanno creato una circolazione sommersa del virus nel Lazio e a Roma. Il Lazio è stato colpito dall’ondata pandemica insieme alle altre regioni del Centro Italia e, un po’ come tutte queste regioni, non ha avuto lo stesso disastro che abbiamo registrato in Lombardia. La tempistica ha sicuramente svolto un certo ruolo.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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