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L’epidemia di ebola non è ancora finita

Ma forse potrebbe essere ad un punto di svolta. Resta però il timore che il virus possa mutare.
A cura di Nadia Vitali
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L'epidemia di ebola che flagella da oltre un anno l'Africa occidentale sembra attualmente entrata in una seconda fase caratterizzata da un rallentamento nei contagi: finalmente, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ci si può dedicare al raggiungimento dell'obiettivo più importante, ossia la fine totale dell'epidemia.

Primi segnali di miglioramento?

Gli sforzi per dotarsi nel minor tempo possibile di infrastrutture sufficienti, per isolare i casi, per coinvolgere i membri di ciascuna comunità nelle attività di prevenzione, per seppellire le vittime in maniera igienicamente sicura stanno finalmente portando a qualche risultato e, attualmente, lasciano anche intravedere qualche concreta possibilità per il futuro. Per la prima volta dal 29 giugno, infatti, è stato registrato un numero di casi confermati inferiore a 100 nei tre Paesi più colpiti. I dati del 25 gennaio, infatti, parlavano di un totale di 99 pazienti infetti così divisi: 4 in Liberia, 30 in Guinea e 65 in Sierra Leone. L'incidenza è in calo continuo in Liberia e Sierra Leone mentre per la Guinea non si può dire lo stesso, essendo stati registrati 10 casi in più rispetto alla settimana precedente.

Ma l'ebola è ancora un pericolo

In ogni caso, il cauto ottimismo di questi giorni non può far dimenticare il dato più importante: ossia che di ebola si continua a morire. Del resto, mentre il virus continua a colpire, la percentuale di mortalità tra i pazienti ospedalizzati è rimasta tra il 54 e il 62% nei tre Stati più colpiti, senza quindi dar luogo a significativi miglioramenti nel tempo. Va da sé che l'introduzione di un caso di infezione in un Paese non colpito resta ancora un rischio fintanto che l'epidemia prosegue: ragion per cui è compito di ciascuno Stato avere un adeguato livello di preparazione che consenta di rispondere rapidamente al pericolo costituito dal virus e dalla sua diffusione.

L'epidemia destinata a durare per tutto il 2015?

Meno ottimiste le proiezioni di  Birte Hald, a capo dell'unità di coordinamento e supporto per l'Ebola della Federazione internazionale delle società di Croce rossa e Mezzaluna rossa: secondo l'organizzazione umanitaria, infatti, ci sarebbe da ritenersi fortunati se l'epidemia venisse fermata nel 2015. Hald ha riferito che in alcune aree di Sierra Leone e Guinea continuano ad accendersi nuovi focolai, segnale che il virus non è sotto controllo e che c'è la possibilità che si diffonda nuovamente su vasta scala. Del resto, i problemi legati all'aspetto sociale della malattia sono rimasti invariati rispetto ad un anno fa in molti contesti: non tutti i casi di nuove infezioni vengono comunicati alle autorità e alle organizzazioni, ad esempio. La diffidenza nei confronti degli operatori sanitari non aiuta e non è raro che accada che la presenza di medici e infermieri venga collegata alla comparsa del male. In molti casi si è resa necessaria la collaborazione con funzionari e forze dell'ordine locali per evitare tensioni con gli abitanti dei villaggi. Insomma, ad oggi, con una stima di 22.092 contagiati e 8.810 morti, la situazione resta complessa: basterebbe un solo caso di sepoltura privo delle necessarie precauzioni perché il fuoco dell'ebola torni a divampare con maggiore violenza, sottolineano all'OMS.

In Liberia si sperimenta il vaccino italiano

2 febbraio, Monrovia (Liberia): somministrazione del nuovo vaccino ad una giovane donna
2 febbraio, Monrovia (Liberia): somministrazione del nuovo vaccino ad una giovane donna

Intanto le prime dosi di vaccino hanno già preso la strada della Liberia dove è attualmente in atto la fase III del trial clinico del farmaco messo a punto nei laboratori di Napoli e Pomezia dell'azienda biotech Okairos, acquisita dallo GlaxoSmithKline. Si tratta del primo vaccino ad arrivare nei Paesi colpiti nonché del primo impiegato in uno studio su campione così ampio. Coinvolti nella sperimentazione, infatti, saranno 30.000 soggetti: un terzo riceverà il vaccino contro il virus ebola secondo il dosaggio stabilito dopo la fase I, durante la quale è stato dimostrato il profilo di sicurezza del farmaco su individui africani e non. Lo studio si occuperà così di confrontare il vaccino sperimentale con uno di controllo in modo da stabilire se la risposta immunitaria già osservata nelle precedenti fasi si traduce in una protezione efficace contro il virus.

Ma il virus può diventare più aggressivo?

Adesso che l'obiettivo principale è quello di portare a zero i contagiati e le vittime, però, l'attenzione si sposta anche sulla possibilità che il virus si modifichi. A lanciare l'allarme sono gli esperti dell'Institut Pasteur: proprio loro sono al lavoro per cercare di comprendere se ebola, che si sta trasformando, possa diventare più pericoloso. La paura principale è quella che il virus muti in modo da rendersi trasmissibile per via aerea (anziché attraverso fluidi infetti come accade ora): un'ipotesi da tenere sotto controllo ma che, al momento, non risulta concreta. Per fortuna. Una mutazione del virus sarebbe un problema per lo stesso vaccino messo a punto nonché per i trattamenti a base di plasma dei convalescenti. Per questa ragione i ricercatori analizzano centinaia di campioni di sangue provenienti da pazienti della Guinea nel tentativo di tracciare l'evoluzione di questo virus, registrando tutte le mutazioni che ha accumulato in questi mesi in cui ha fatto strage in Africa Occidentale.

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