James Harrison, l’uomo che donando il sangue ha salvato più di due milioni di bambini
Questa è la storia di James Harrison, un 78enne che in tanti oggi conoscono come “l'uomo dal braccio d'oro”. Quando aveva 14 anni subì un delicato intervento chirurgico. La sua vita era appesa ad un filo ma, grazie alla generosità di molti donatori di sangue, sopravvisse. Questo gesto lo segnò così profondamente che, non appena raggiunta la maggiore età, divenne a sua volta un donatore. Già questa storia sarebbe meritevole di esser raccontata così maquanto accaduto poi fu ancora più straordinario. Quel ragazzo scoprì di avere un sangue speciale, contenente un potente anticorpo capace di curare una malattia mortale.
Negli ultimi 60 ha salvato 2 milioni di bambini. Secondo gli esperti, negli ultimi sessanta anni James ha salvato non meno di 2 milioni di bambini. Fino al 1967, in Australia, migliaia di donne erano costrette ad abortire e tantissimi bambini nascevano con danni cerebrali. La malattia, contro la quale la medicina di allora sembrava impotente, faceva sì che il sangue della futura mamma attaccasse le cellule del sangue del bambino non ancora nato. Questa patologia provocava danni al cervello del bambino e, nei casi peggiori, persino la morte.
La soluzione venne trovata nel sangue di Harrison. Un anticorpo grazie al quale è stato successivamente sviluppata un'iniezione denominata Anti-D. L'Australia fu uno dei primi Paesi a scoprire un donatore con questo tipo di anticorpo. Dal sangue di Harrison si ricava un vero e proprio farmaco salva-vita che in Australia è utile più che mai dato che il 17% delle donne risulta a rischio.
Nonostante tutto confessa di esser un fifone. Harrison, considerato in Australia al pari di un eroe nazionale, fino ad oggi ha donato il sangue almeno 1000 volte. Tra i destinatari del vaccino Anti-D anche la figlia Tracey, che durante la gravidanza scoprì di esser portatrice della malattia. Nonostante abbia donato così tante volte il sangue Harrison dice senza esitazione di esser un fifone. “A distanza di 60 anni dal primo prelievo – ha raccontato ai giornalisti – non ho ancora il coraggio di guardare l'ago che entra nel braccio, non sopporto il dolore. Chiudo comunque gli occhi e mi volto dall'altra parte”.