Italiani predisposti al cancro, ma 6 su 10 non lo sanno: a rischio mezzo milione di noi
Circa mezzo milione di italiani è fortemente predisposto geneticamente a sviluppare un cancro, ma il 60% non lo sa. Questo è quanto sostiene Ruggero de Maria, presidente di Alleanza Contro il Cancro (Rete Oncologica Nazionale), nel suo intervento al convegno sul tumore metastatico della mammella organizzato da The European House Ambrosetti al Senato che spiega anche quali siano le cause di questa ‘ignoranza'.
Predisposti e non lo sanno. Ruggero de Maria spiega che il 60% di coloro che sarebbe geneticamente molto predisposto a sviluppare un cancro non lo sa perché attualmente è ancora troppo scarso l'impiego di nuovi test molecolari che, a costi non troppo elevati, potrebbero aiutare a scegliere anche trattamenti mirati. “II numeri sono impressionanti. Chi possiede una forte predisposizione genetica ad ammalarsi continua a non saperlo e non intraprende appropriati programmi di prevenzione che potrebbero salvargli la vita” spiega de Maria che sottolinea come senza un identikit molecolare dei tumori sia molto difficile progredire anche nelle malattie.
In confronto con l'estero. "Negli Stati Uniti e in diversi Paesi europei, la decisione se procedere con la chemioterapia dopo la chirurgia è presa in base a test molecolari molto precisi e non con le metodiche convenzionali usate in Italia” fa sapere de Maria. E questo cosa comporta per noi? “Le pazienti operate per tumore alla mammella rischiano di fare la chemioterapia senza trarne beneficio o, ancora peggio, possono non farla nonostante ne abbiano bisogno per evitare una recidiva” per fare un esempio.
Cosa fare quindi? De Maria spiega che Alleanza Contro il Cancro, la rete oncologica degli Irccs, sta lavorando proprio al fine di cercare di colmare queste gravi carenze. “Sebbene ACC abbia prodotto strumenti che potrebbero permettere una caratterizzazione molecolare a basso costo, la validazione clinica e la diffusione nel territorio richiedono un supporto istituzionale; appare quindi evidente la necessità di fornire adeguati strumenti al Ministero della Salute per attivare programmi di ricerca sanitaria che portino rapidamente alla messa a punto di test molecolari ad alta capacità analitica, a basso costo e diffusi nel territorio”, conclude.