Isteria, italiani svelano i misteri neurochimici del disturbo neurologico
L’isteria, o disturbo somatoforme e disturbo neurologico funzionale, ha un segreto neurochimico svelato dai ricercatori italiani dell’Università degli Studi di Milano grazie al quale in futuro si potrà ottenere una diagnosi non invasi e pensare ad un trattamento mirato. Vediamo insieme cosa c’è da sapere sulla neurochimica dell’isteria.
L’isteria, cos’è. Prima di comprendere la neurochimica dell’isteria, va chiarito di cosa si tratta. Come ci spiegano dall’Università di Milano, l’isteria, che è in realtà definita disturbo somatoforme e disturbo neurologico funzionale, è un disturbo neurologico che porta con se vari disturbi del movimento, dalla paralisi alla perdita di forza di un braccio o di una gamba, ma anche disturbi a camminare, tremori e convulsioni. A parlare molto di isteria fu Freud che si concentrò sul metodo psicoanalitico per trovare un trattamento, spesso però non efficace. Generalmente dunque, fino ad oggi, si riteneva che questo disturbo avesse una base psicologica, quindi non organica.
Lo studio. Per comprendere le basi dell’isteria, gli scienziati italiani hanno chiesto la collaborazione di 10 pazienti con disturbo neurologico funzionale (una variante specifica del disturbo somatoforme) e di altri 10 soggetti sani di pari età. I cervelli dei partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica spettroscopica, che è una tecnica neuroradiologica grazie alla quale si può misurare in modo non invasivo la composizione chimica di specifiche aree del cervello, e i dati raccolti e confrontati hanno dimostrato che, nei soggetti con isteria, il contenuto di glutammato è maggiore nelle aree del cervello del sistema limbico, che si occupa di regolare le emozioni, l’umore e il comportamento, e del sistema nervoso autonomo. “L'incremento del glutammato limbico è proporzionale alla gravità di alcune alterazioni psicologiche misurate in questi pazienti”, concludono gli scienziati.
A cosa serve lo studio. I risultati di questa ricerca sono importanti perché permettono di individuare un marcatore organico di questa condizione che può essere misurato in modo non invasivo agevolando la diagnosi e perché aprono a nuove possibilità di trattamenti mirati.
Lo studio, intitolato “Limbic neurochemical changes in patients with functional motor symptoms”, è stato pubblicato su Neurology.