Invertire l’invecchiamento del cervello è possibile, secondo questo studio
Una delle principali sfide della ricerca medica è quella di sviluppare strategie per il mantenimento di una sana funzione cerebrale attraverso l’età adulta fino alla vecchiaia. I processi di invecchiamento, in particolare, sono collegati a una serie di condizioni di salute e fragilità che, nelle forme più gravi, possono determinare una serie di problemi cognitivi. Un team di ricerca potrebbe però aver scoperto come invertire gli aspetti del deterioramento correlati all’invecchiamento cerebrale sfruttando il potenziale terapeutico del microbiota intestinale, ovvero la comunità microbica che popola l’intestino.
In un nuovo studio, pubblicato su Nature Aging, i ricercatori del laboratorio Brain-Gut-Microbiota dell’APC Microbiome Ireland guidati dal professor John Cryan dell’University College di Cork (UCC) hanno infatti dimostrato che il trapianto di microbioma da un organismo giovane a uno più adulto potrebbe contrastare i cambiamenti associati all’invecchiamento cerebrale. Per valutare il potenziale terapeutico del trattamento, gli studiosi hanno utilizzato un modello murino, trapiantando microbi fecali dall’intestino di topi donatori giovani, di 3-4 mesi, ad esemplari anziani, di oltre 19 mesi. “Il trapianto – scrivono gli autori della ricerca – ha invertito le differenze associate all’invecchiamento, attenuando i disturbi selettivi associati all’età nel comportamento cognitivo”.
“Precedenti ricerche pubblicate dall’APC e da altri gruppi a livello internazionale hanno dimostrato che il microbioma intestinale svolge un ruolo chiave nell’invecchiamento e nel processo di invecchiamento – ha affermato il professor Cryan – . Questa nuova ricerca è un potenziale punto di svolta, poiché abbiamo stabilito che il microbioma può essere sfruttato per invertire il deterioramento del cervello legato all’età. Vediamo anche prove di una migliore capacità di apprendimento e funzione cognitiva”.
I risultati ottenuti nei topi, per quanto avvincenti, sono ancora iniziali e, avverte Cryan, “è necessario molto più lavoro per vedere come potrebbero essere tradotti negli esseri umani”. Lo studio, ad ogni modo, apre a nuove strade terapeutiche e alla possibilità, in futuro, di modulare il microbiota intestinale, come obiettivo terapeutico per influenzare la salute del cervello.