Insonnia, disturbi del sonno e stress lavorativo aumentano il rischio di Covid
Insonnia, disturbi del sonno e stress lavorativo sono collegati a un maggior rischio di contrarre l’infezione da coronavirus Sars-Cov-2 e di sviluppare forme di Covid-19 che richiedono tempi di recupero più lunghi. Lo indicano i risultati di un nuovo studio condotto da un team di ricerca internazionale sugli operatori sanitari di Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.
Il rischio di infezione e forme gravi di Covid-19
Nell’analisi, basata su un sondaggio che si è svolto tra il 17 luglio e il 25 settembre 2020, sono state esaminate le informazioni sul sonno (numero di ore di riposo notturno e ore di sonnellini diurni), eventuali problemi di insonnia, stress lavorativo ed esposizione all’infezione da coronavirus, oltre ai dati sullo stile di vita, le condizioni di salute, l’uso di medicinali soggetti a prescrizione medica e di integratori alimentari. Complessivamente, gli studiosi hanno analizzato le risposte di 2.884 operatori sanitari, di cui 568 risultati positivi al coronavirus nel periodo di studio.
La valutazione delle correlazioni tra sonno, stress e Covid-19, pubblicata nel dettaglio sulla rivista BMJ Nutrition, Prevention & Health, ha indicato che ad ogni singola ora in più di sonno durante la notte è associata una probabilità inferiore del 12% di contrarre l’infezione da coronavirus Sars-Cov-2. Ogni ora di sonnellino diurno, invece, era associata a un incremento del rischio del 6%, sebbene questa relazione fosse diversa da Paese a Paese.
“Quasi un operatore su quattro (24%) contagiato dal coronavirus ha riportato difficoltà a dormire rispetto a circa uno su cinque (21%) senza infezione virale. E uno su venti (5%) di quelli con Covid-19 ha affermato di avere tre o più disturbi del sonno, tra cui difficoltà ad addormentarsi, difficoltà a svegliarsi o dover utilizzare sonniferi per tre o più notti a settimana” indicano i dati della ricerca. Nel complesso, rispetto a coloro che non soffrivano di disturbi del sonno, gli operatori che hanno riportato tre problemi legati al riposo notturno avevano l’88% di probabilità in più di infezione da coronavirus. “Proporzionalmente più di coloro che hanno riportato stress lavorativo (5%) rispetto chi non ha contratto l’infezione (3%)”.
Lo stress lavorativo, d’altra parte, è stato associato a più del doppio delle probabilità di contrarre Covid-19, e le stesse persone risultate positive hanno avuto anche circa tre volte più probabilità sviluppare una forma grave di Covid e tempi di recupero più lunghi. “Il meccanismo alla base di queste associazioni rimane poco chiaro – hanno osservato gli studiosi – . Tuttavia è stato ipotizzato che la mancanza di riposo notturno e i disturbi del sonno possano influire negativamente sul sistema immunitario, aumentando le citochine pro-infiammatorie e le istamine”.
Precedenti studi hanno inoltre suggerito che lo stress lavorativo può esporre, direttamente o indirettamente, a un maggior rischio di malattia, in quanto può compromettere il sistema immunitario e i livelli di cortisolo. “Dal punto di vista della medicina del lavoro e dello stile di vita, una migliore comprensione degli effetti del lavoro a turni e della carenza di sonno è essenziale per il benessere del personale sanitario e degli operatori in generale – precisano i ricercatori – . Le interruzioni del ciclo sonno-veglia possono influire sulla salute metabolica, immunitaria e persino psicologica, così come la mancanza di riposo può rendere gli alimenti con più alto contenuto calorico o più ricchi di grassi particolarmente invitanti, in particolare durante i periodi di forte stress e/o turni di lavoro difficili, il che ha un impatto sulla salute e sul benessere in generale”.