Si chiama 13b ed è una molecola grado di legare e bloccare la proteasi, l'enzima che il coronavirus utilizza per replicarsi all'interno delle cellule infette. È il "motore" del SARS-CoV-2 che i ricercatori dell'Helmholtz-Zentrum Berlin für Materialien und Energie e dell'Università di Lubecca hanno capito come inibire grazie a questa molecola. Per il momento l'efficacia di questa "arma" contro il virus è stata messa alla prova in provetta su cellule di polmone umano e sui topi, dove non sono state rilevate tossicità. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science e potrebbero portare, nel corso dei prossimi anni, alla realizzazione di un farmaco.
La scoperta è stata resa possibile dall'utilizzo di un modello a "cristallo" del coronavirus, visualizzato riproducendo in tre dimensioni proprio la proteasi. Attraverso l'analisi di questa proteina, si aprono possibili strade verso farmaci che ne inibiscano il potere riproduttivo. Questo perché la vista 3D consente di individuare con più efficacia i punti deboli del virus da sfruttare poi attraverso "armi" come la molecola 13b che, se si rivelano efficaci come in questo caso, possono portarci sulla strada giusta nello sviluppo di un possibile farmaco.
L'analisi della struttura a cristallo del coronavirus è stata resa possibile da strumenti estremamente sofisticati e dalla luce a raggi X ad alta intensità del laboratorio BessY II dell'Helmholtz-Zentrum di Berlino. Grazie a questi strumenti i ricercatori sono riusciti a individuare la struttura della proteasi virale (Mpro, 3CLpro) e 13b, la molecola che si è rivelata utile per bloccare la riproduzione del virus nelle cellule umane. Ora le sperimentazioni proseguiranno e potrebbero portare a un farmaco in grado di aiutarci nella lotta contro il coronavirus, ma con tempistiche di certo non veloci: si parla di anni prima di poter vedere una medicina lanciata commercialmente.