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In Antartide si è appena staccato il più grande iceberg del mondo: è esteso quanto il Molise

Nel cuore del gelido Mare di Weddell, in Antartide, si è appena sganciato dalla piattaforma di ghiaccio Ronne il più grande iceberg del mondo. È stato chiamato A-76 è ha un’area di oltre 4.300 chilometri quadrati, quanto il Molise. Il colossale pezzo di ghiaccio è lungo 170 chilometri e largo 25 chilometri, con una caratteristica forma di dito.
A cura di Andrea Centini
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Dalla piattaforma antartica si è appena staccato il più grande iceberg del mondo. Denominato A-76 dagli scienziati, si tratta di un colosso di ben 4.320 chilometri quadrati, pari all'estensione dell'intero Molise (o poco più grande dell'isola di Maiorca, per usare il paragone dei suoi scopritori). Il mostruoso iceberg si è sganciato dal lato occidentale della piattaforma di ghiaccio Ronne, che si staglia nel gelido Mare di Weddell.

A individuare la “nascita” del nuovo iceberg da record sono stati gli scienziati del British Antarctic Survey (BAS), mentre la conferma è arrivata dal National Ice Center degli Stati Uniti, che ha utilizzato le immagini catturate dai satelliti Sentinel-1 dell'iniziativa Copernicus. Si tratta di una missione di monitoraggio e mappatura terrestre – precedentemente nota come Global Monitoring for Enviroment and Security (GMES) – gestita in collaborazione tra l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e la Commissione Europea. Dalle immagini satellitari è stato determinato che il gigantesco pezzo di ghiaccio ha la forma di un dito, con una lunghezza di 170 chilometri e una larghezza di 25 chilometri. Fortunatamente non contribuirà all'innalzamento del livello mare, dato che già galleggiava sull'acqua.

Come sottolineato dagli scienziati dell'ESA Earth Observation, A-76 ha strappato il primato di iceberg più grande del mondo ad A-23A, che occupa un'area di 3.880 chilometri quadrati. Anch'esso si trova anche nel Mare di Weddell. È circa quattro volte più grande dell'iceberg A-74 (1.270 chilometri quadrati) che si è staccato dalla piattaforma di ghiaccio di Brunt all'inizio dell'anno.

Sebbene quando si originano questi “mostri” spesso si tenda a puntare il dito contro gli effetti del riscaldamento globale catalizzato dalle attività antropiche, questa volta gli scienziati hanno specificato che i danni perpetrati dall'uomo non c'entrano. Si è infatti trattato di un fenomeno del tutto naturale che rientra nei cicli di queste colossali piattaforme dell'Antartide.

“Non è un'area che sta subendo cambiamenti significativi a causa del riscaldamento globale. Il messaggio principale è che fa parte di un ciclo naturale”, ha dichiarato a Newscientist il dottor Alex Brisbourne, glaciologo presso il British Antarctic Survey. Come affermato dal dottor Mark Drinkwater dell'ESA, la sua formazione è infatti “un'evoluzione della piattaforma di ghiaccio di cui faceva parte”. Da questa enorme lingua di ghiaccio si sono staccati altri grandi iceberg negli ultimi 35 nani: nel 1986 se ne liberarono in mare per ben 11mila chilometri quadrati, seguiti da altri eventi nel 1998, nel 2000 e nel 2015.

La preoccupazione maggiore degli esperti adesso è capire dove sarà diretto A-76; colossi di questo genere possono rappresentare una seria minaccia per il traffico navale – soprattutto dividendosi in frammenti più “piccoli” – ma anche per la biodiversità, stravolgendo completamente gli ecosistemi in cui potrebbero arenarsi. “È abbastanza grande da influenzare l'oceano e la salinità dell'oceano. A seconda della traiettoria, potrebbe essere significativo quanto l'A-68a”, ha dichiarato il dottor Brisbourne, riferendosi al colossale iceberg che ha creato diversi problemi negli ultimi anni.

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