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In America si lavora per trasformare la fantascienza in realtà

Nei prossimi giorni all’Arizona State University sarà inaugurato un centro di ricerca in cui scienziati e ingegneri collaboreranno con scrittori di fantascienza per realizzare le loro visioni.
A cura di Roberto Paura
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Gli americani hanno sempre preso la fantascienza terribilmente sul serio. Forse perché è noto che i primi scienziati atomici che diedero poi vita al Progetto Manhattan e alla costruzione della bomba atomica erano stati ispirati dalla lettura di alcuni racconti di fantascienza su ipotetiche (allora) armi nucleari, o forse perché i padri dell’era spaziale non avrebbero mai iniziato a lavorare in quella grande impresa di portare l’uomo nello spazio se non avessero letto le storie di viaggi stellari sulle prime riviste di science-fiction negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Ora l’Arizona State University ospiterà il primo centro di ricerca intenzionato a esplorare la fattibilità di alcune idee di scrittori di fantascienza contemporanei, e a incoraggiare lo sviluppo di nuove visioni del futuro che possano essere realizzate.

Costruire torri alte 20 chilometri

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Il prossimo 24 settembre sarà infatti inaugurato il “Center for Science and the Imagination”, che intende riunire scienziati, ingegneri e scrittori per elaborare nuove visioni del futuro, libere dal profondo pessimismo di questi ultimi anni, capaci di restituirci la voglia di costruire un mondo migliore sfruttando il progresso scientifico e tecnologico. Neal Stephenson, noto anche in Italia come uno dei più importanti scrittori di fantascienza contemporanei (il suo besteller Snow Crash, pubblicato nei primi anni ’90, è considerato una lucida previsione del futuro di Internet come oggi lo viviamo), è tra i principali testimonial del centro. Insieme a Keith Hjelmstad dell’Arizona State University, ingegnere strutturale, intende verificare la fattibilità di un progetto che ha elaborato negli anni scorsi, esemplificativo della visionarietà che si respirerà al centro di prossima apertura.

Stephenson immagina una torre di acciaio alta 20 chilometri. Una roba enorme, capace di raggiungere la stratosfera. Se gli aerei partissero da lì e, invece di atterrare, attraccassero a un’altra torre, risparmierebbero moltissimo carburante, quello necessario per il decollo e l’atterraggio. Anche le astronavi risparmierebbero parecchio, perché l’attrazione gravitazionale a quell’altezza è inferiore rispetto al livello del mare. Si tratta della rielaborazione in chiave minore di una vecchia idea della fantascienza, quella di un ascensore spaziale capace di raggiungere l’orbita terrestre senza bisogno di razzi. Qui non c’è bisogno di raggiungere i cento, duecento o mille chilometri di altitudine, ma è sufficiente arrivare agli strati intermedi dell’atmosfera. Si può fare? Hjelmstad pensa di sì. I primi modelli dimostrano che la struttura riuscirebbe a sopportare il suo peso, anche se bisogna vedere se potrà rivelarsi capace di adattarsi agli usi previsti da Stephenson. Se ciò fosse possibile, non dovrebbe essere troppo difficile trovare degli investitori. I guadagni, in prospettiva, sarebbero notevoli.

Come riconquistare il futuro che ci è stato sottratto

Questo è solo il primo dei progetti che il “Center for Science and the Imagination” intende portare avanti. Sempre più esperti, in Occidente, stanno cominciando a convincersi del fatto che solo pensando in grande, avviando grandi programmi di sviluppo tecnologico, si potrà uscire dall’impasse dell’attuale crisi economica. Non è un caso se l’Unione europea sta attualmente selezionando uno o due grandi progetti da portare avanti nel prossimo decennio con un investimento di un miliardo di euro, e con lo scopo di innovare completamente la nostra vita attraverso la tecnologia. Non è un caso se negli Stati Uniti la NASA ha cominciato a finanziare le case editrici che pubblicano fantascienza affinché promuovano romanzi capaci di iniettare nelle vene dei giovani americani quella volontà di cambiare il mondo che permise all’America di inviare il primo uomo sulla Luna. Lo scorso febbraio, a un evento sponsorizzato da Google, “Solve for X”, Neal Stephenson sostenne la necessità di intraprendere un grande balzo in avanti, rimuovendo gli ostacoli che impediscono alla società di oggi di investire massicciamente nel futuro.

“ Ho seguito il progressivo scemare del programma spaziale con tristezza, anche un po’ di amarezza. Dove sono le mie stazioni spaziali a forma di ciambella? Dov’è il mio biglietto per Marte? ”
Neal Stephenson
Un altro famoso scrittore di science-fiction, il canadese Cory Doctorow, lavorerà con alcuni esperti sulla sua idea di inviare sulla Luna delle stampanti 3D, capaci nell’arco di poco tempo di costruire una base per ospitare esseri umani permanentemente. Non bisogna aspettarsi che questi progetti si realizzino subito. Qualora si dimostrassero fattibili, occorrerà un decennio o più per diventare realtà. Ma per Stephenson, vale la pena impegnarsi a realizzarli. “La mia vita comprende l’epoca in cui gli Stati Uniti sono stati in grado di lanciare esseri umani nello spazio. In alcuni dei primi ricordi sono seduto su un tappeto davanti a un grosso televisore in bianco e nero a guardare le prime missioni Gemini. Quest’estate, all’età di 51 anni – non ancora vecchio – ho guardato su un televisore a schermo piatto il decollo dell’ultimo Space Shuttle. Ho seguito il progressivo scemare del programma spaziale con tristezza, anche un po’ di amarezza. Dove sono le mie stazioni spaziali a forma di ciambella? Dov’è il mio biglietto per Marte?”. In un suo recente saggio, Neal Stephenson ha spiegato così le ragioni del suo desiderio di impegnarsi a restituire ai più giovani quel futuro che gli è stato sottratto. Non un futuro pessimista in cui l’umanità dovrà affrontare i problemi dell’inquinamento, del cambiamento climatico, della sovrappopolazione e della povertà crescente. Ma un futuro di ottimismo e speranza in cui la strada per il benessere del pianeta passa per le stelle.

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