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Il vaccino di Pfizer efficace contro le varianti Covid in laboratorio

Lo indicano i risultati di uno studio pubblicato su Nature Medicine che ha mostrato l’efficacia del siero sanguigno dei vaccinati nel neutralizzare virus ingegnerizzati con alcune delle mutazioni presenti nella variante inglese e in quella sudafricana. Burioni: “Cautela, ma è probabile che questo dato corrisponda alla reale protezione”.
A cura di Valeria Aiello
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Particelle di coronavirus su cellule coltivate in laboratorio. Credit: NIAID-RML
Particelle di coronavirus su cellule coltivate in laboratorio. Credit: NIAID-RML

Un nuovo studio in vitro fornisce dati aggiuntivi sull’efficacia del vaccino anti-Covid di Pfizer/BionTech nei confronti delle nuove varianti del coronavirus. Ai dati recentemente annunciati dalla casa farmaceutica statunitense e non ancora sottoposti a revisione paritaria, si aggiungono i risultati di una nuova ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Nature Medicine ha valutato l’efficacia del siero sanguigno di 20 persone che hanno ricevuto il vaccino anti-Covid di Pfizer/BionTech nel neutralizzare tre virus ingegnerizzati con alcune delle mutazioni presenti nella variante inglese e in quella sudafricana.

Il siero dei vaccinati testato in vitro contro le varianti

Si tratta dunque di test di laboratorio che non comprendono l’intera serie di mutazioni presenti nelle due varianti ma che focalizzano l’attenzione su alcune specifiche alterazioni della proteina virale Spike: la mutazione N501Y presente sia nella variante inglese (B.1.1.7) sia in quella sudafricana (501Y.2), e due combinazioni di mutazioni che caratterizzano i due ceppi mutati, ovvero la delezione HV 69-70 + N501Y + D614G presente nella variante inglese e la sostituzione E484K + N501Y + D614G riscontrata nella variante sudafricana. “Tutti i saggi di neutralizzazione sono stati eseguiti con gli stessi 20 campioni di siero – spiegano gli studiosi – e ogni siero è stato testato anche per la neutralizzazione del virus originario (USA-WA1 /2020)”.

Test di neutralizzazione della placca al 50% (PNRT) di a) virus wild type (WT) e mutante N501Y; b) virus wild type e delezione 69 / 70 + N501Y + D614G; c) virus wild type e sostituzione E484K + N501Y + D614G.
Test di neutralizzazione della placca al 50% (PNRT) di a) virus wild type (WT) e mutante N501Y; b) virus wild type e delezione 69 / 70 + N501Y + D614G; c) virus wild type e sostituzione E484K + N501Y + D614G.

I risultati, espressi come media geometrica dei titoli di neutralizzazione (GMT) hanno indicato che “il GMT contro il virus con tre mutazioni della variante sudafricana era leggermente inferiore alle GMT contro il virus N501Y e il virus con tre mutazioni della variante inglese – scrivono gli studiosi – . Tuttavia, l’entità delle differenze nel GMT di neutralizzazione rispetto a qualsiasi virus mutante era piccola (da 0,81 a 1,41 volte) rispetto ai GMT contro il virus originario, indicando piccoli effetti sulla neutralizzazione”.

Burioni: "Cautela, ma può corrispondere alla reale protezione"

Variazioni che non dovrebbero quindi compromettere l’efficacia del vaccino di Pfizer/BioNTech, suggerendo che è probabile che la risposta immunitaria indotta della vaccinazione protegga anche dalla malattia causata dalle varianti del virus. Per ora, ha indicato il virologo italiano Roberto Burioni commentando i risultati della ricerca in un post su Facebook, si tratta “solo di un modello in laboratorio, che non riproduce perfettamente la realtà, quindi cautela, ma sembra che il siero dei vaccinati con il vaccino Pfizer riesca a neutralizzare anche le nuove varianti. La speranza – ha aggiunto Burioni – è che questo dato corrisponda a una reale protezione, cosa probabile”.

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