Il vaccino antinfluenzale riduce il rischio di contagio da coronavirus: lo dice uno studio italiano
Uno studio italiano, condotto dai ricercatori del Centro Cardiologico Monzino di Milano in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari e il Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale dell’Università degli Studi di Milano, indica una relazione inversa tra la vaccinazione antinfluenzale e gli esiti di Covid-19. In particolare, gli studiosi hanno osservato un potenziale ruolo protettivo della vaccinazione antinfluenzale sulla mortalità da Covid-19, scoprendo inoltre che il tasso di copertura vaccinale è associato in modo indipendente alla sieroprevalenza di Sars-CoV-2 e al verificarsi di espressioni cliniche non fatali di Covid-19.
"Meno vaccini, più Covid-19"
I risultati, pubblicati sulla rivista Vaccines, mostrano chiaramente come, nelle Regioni italiane in cui si sono registrati minori contagi, ricoverati con sintomi e pazienti in terapia intensiva, così come un ridotto numero di decessi attribuibili all’infezione da coronavirus, la popolazione over 65 avesse aderito in misura maggiore alla campagna di vaccinazione antinfluenzale della stagione 2019-2020. “Confrontando, regione per regione, i tassi di copertura vaccinale negli over 65 con il numero di contagi e altri 3 indici di severità clinica della malattia (il numero di ospedalizzazioni per Covid-19, il numero di soggetti ricoverati in terapia intensiva e il numero di soggetti deceduti per l’infezione) – puntualizza Mauro Amato, ricercatore del Centro Cardiologico Monzino IRCSS e primo autore dello studio – , le analisi hanno confermato che i tassi di diffusione e la gravità del virus Sars-CoV-2 sono inversamente proporzionali al tasso di vaccinazione antiinfluenzale: meno vaccini, più Covid-19”.
Sebbene i dati non consentano di formulare ipotesi sui meccanismi alla base del presunto ruolo protettivo della vaccinazione antinfluenzale sugli esiti di Covid-19, i ricercatori supportano l’ipotesi che ci sia una relazione tra vaccino contro l’influenza e diffusione del virus. “Abbiamo stimato che un aumento dell′1% della copertura vaccinale negli over 65, che equivale a circa 140.000 dosi a livello nazionale, avrebbe potuto evitare 78.560 contagi, 2.512 ospedalizzazioni, 353 ricoveri in terapie intensive e 1.989 morti per Covid-19 – ha aggiunto Amato – . Sarebbe pertanto importante incentivare il più possibile qualsiasi attività che possa portare ad un aumento della copertura vaccinale soprattutto fra gli ultra 65enni”.
Prevenire l’influenza attraverso la vaccinazione potrebbe dunque ridurre il rischio di grave infezione respiratoria e complicazioni dovute all’infezione da coronavirus. “Il mondo della cardiologia è stato, come gli altri, devastato dall’ondata di Covid-19 e la mancanza di vaccini e farmaci in grado di arginarla ci ha spinto a cercare delle alternative per rispondere all’attacco della pandemia – spiega il professor Damiano Baldassare, responsabile dell’Unità di ricerca e studio della morfologia e della funzione arteriosa del Centro Cardiologico Monzino, professore associato del Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale dell’Università di Milano e coordinatore dello studio – . In vista di un’imminente seconda ondata virale ci siamo concentrati sull’ipotesi, avanzata da diversi scienziati, circa il ruolo del vaccino antiinfluenzale nel ridurre la diffusione di Covid-19”.
L'ipotesi dell'immunità addestrata
Le malattie causate dal virus dell’influenza e da Sars-Cov-2, si legge nello studio, condividono entrambe una via di trasmissione simile (cioè, attraverso aerosol o goccioline respiratorie) e alcuni sintomi respiratori e sistemici, ma differiscono fortemente in termini di casi gravi e fatali, a seconda dei gruppi di età prevalentemente colpiti. L’influenza colpisce maggiormente bambini e giovani adulti, mentre il tasso di infezione sintomatica da Sars-Cov-2 indica che la gravità della malattia aumenta con l’età.
Una possibile spiegazione della bassa suscettibilità dei più giovani all’infezione da Sars-Cov-2, indicano gli studiosi, è la presenza di un sistema immunitario più efficace e reattivo, potenziato dall’esposizione agli agenti virali pediatrici o agli agenti virali contenuti in molti vaccini pediatrici (contro il morbillo, parotite, rosolia, varicella, epatite B, epatite A, rotavirus, papilloma virus) che, in generale, possono migliorare la risposta immunitaria. “I vaccini – chiariscono i ricercatori – possono indurre meccanismi immunoterapici positivi "non specifici" che migliorano la risposta dell’ospite ad altri patogeni, attraverso un processo chiamato immunità addestrata”.
In tal senso, non essendo ancora disponibili né un vaccino contro Sars-CoV-2 né farmaci specifici per il trattamento di Covid-19, la vaccinazione antinfluenzale – quale componente importante dei programmi di Sanità pubblica e intervento più efficace ed economico nel prevenire l’influenza stagionale – , può determinare una migliore risposta dell’ospite ad altri agenti infettivi, come ad esempio accade nel caso di altre vaccinazioni. “Il vaccino contro il micobatterio responsabile della tubercolosi con il bacillo Calmette-Guérin – integrano gli autori – aumenta significativamente la secrezione di IL-1B (una citochina pro-infiammatoria), che svolge un ruolo riconosciuto nell’immunità antivirale”.