Il sistema immunitario ha un ruolo nell’insorgenza della depressione
C’è un nesso tra salute mentale e sistema immunitario, in particolare quando di parla di depressione. Lo indicano i dati di un recente studio condotto da un team di ricerca della Vanderbilt University di Nashville, in Tennessee, che dopo anni di studio della genetica delle condizioni psichiatriche ha individuato un’associazione tra i geni che predispongono alla depressione e i parametri ematologici che riflettono l’infiammazione, come l’aumento dei globuli bianchi. Livelli più elevati di queste cellule, normalmente coinvolte nella risposta immunitaria, sono state riscontrate prima ancora delle manifestazioni cliniche della patologia, in soggetti ad alto rischio genetico di depressione, ovvero con un “punteggio di rischio poligenico” per la depressione correlato a una predisposizione genetica per i disturbi dell’umore. Tale punteggio, che può essere utilizzato come predittore della condizione, non indica necessariamente che una persona sperimenterà la condizione, tuttavia l’associazione con il conteggio dei globuli bianchi ha suggerito un potenziale collegamento bidirezionale, vale a dire l’aumento dei globuli bianchi aumenta il rischio di depressione e che la depressione aumenta o sostiene l’infiammazione.
Per arrivare a queste conclusioni, il team di ricerca guidato da Lea Davis della Divisione di Medicina genetica presso la Vanderbilt University, ha condotto un’analisi tra il 19 maggio 2019 e il 5 giugno 2021, prendendo in esame di dati delle cartelle cliniche elettroniche di 382.452 persone di origine europea e 12.383 partecipanti di origine africana in 4 sistemi sanitari. Gli studiosi hanno condotto analisi separate per ciascun sistema sanitario e una meta-analisi di tutti i sistemi, con le indagini primarie portate avanti nella biobanca del Vanderbilt University Medical Center e quelle di verifica condotte in presso la Icahn School of Medicine Mount Sinai, il Massachusetts General Brigham e il Million Veteran Program.
I risultati hanno indicato “un’associazione significativa tra i punteggi della depressione e la conta dei globuli bianchi” hanno precisato gli studiosi, riscontrando un’associazione bidirezionale, con la conta dei globuli bianchi che rappresentava il 2,5% dell’associazione del punteggio di rischio poligenico della depressione con la diagnosi di depressione. Al contempo, la diagnosi di depressione rappresentava il 9,8% dell’associazione del punteggio poligenico della depressione con la conta dei globuli bianchi.
“Il rischio genetico per la depressione potrebbe portare a una risposta immunitaria attivata, ma non anormale – ha precisato Davis – . Questo si adatta molto bene ad alcune ipotesi esistenti sul ruolo dei bassi livelli di neuroinfiammazione cronica nella depressione, sebbene sulla base di questo studio non ci siano modifiche raccomandate alla diagnosi o al trattamento della depressione. Tuttavia, la nostra indagine motiva ulteriori ricerche per comprendere meglio l’effetto antifiammatorio degli antidepressivi, oltre a sollevare l’ipotesi che farmaci o cibi antinfiammatori possano essere utili nella prevenzione della depressione”. Entrambe queste strategie, ha concluso Davis, meritano “ulteriori ricerche rigorose su larga scala prima che possano essere formulate raccomandazioni cliniche”.