Il ragionamento riflessivo allontana dalla fede religiosa?
L’antico dibattito tra fede e ragione, fides et ratio (che era anche il nome di una celebre enciclica di papa Giovanni Paolo II), potrebbe essere rinfocolato dall’esito di una ricerca destinata a far discutere, secondo la quale le persone più riflessive e tendenti al ragionamento logico sono anche le meno portate verso la fede religiosa. Pubblicata sulla rivista Science, la ricerca è stata condotta da due psicologi dell’Università della Columbia Britannica, in Canada, i quali chiariscono di non voler prendere posizione nello scontro tra atei e credenti ma di voler piuttosto approfondire gli studi, oggi di moda nella psicologia, sulle differenze di pensiero tra chi crede e chi no.
Pensiero logico – In uno degli esperimenti, a un gruppo di persone è stato sottoposto un semplice problema di matematica: “Se per fabbricare cinque oggetti ci vogliono cinque macchine e cinque minuti, quanto ci metteranno cento macchine per fabbricare cento oggetti?”. La prima risposta che viene in mente è “100 minuti”, che però è sbagliata. La risposta esatta è “sempre cinque minuti”, e le persone che rispondevano correttamente – dimostrando una maggiore propensione per l’analiticità – sembrano essere anche le meno legate a credenze religiose.
L'esperimento del Pensatore – Più interessante è un altro esperimento in cui le persone sottoposte al test sono state divise in due gruppi. A uno di esso veniva richiesto di osservare con attenzione l’immagine del Pensatore di Rodin, all’altro gruppo di osservare invece foto dell’antica statua greca del Discobolus. Il Pensatore, icona tradizionale del pensiero riflessivo, era stata scelta dai due studiosi in quanto in altre ricerche è stato dimostrato che la sua osservazione migliorerebbe il ragionamento logico delle persone. Finita l’osservazione, ai partecipanti veniva sottoposto un test per misurare la loro fede in Dio su una scala da 0 a 100. Nonostante la grande varietà dei risultati, le medie dei due gruppi sono davvero singolari: nel gruppo di controllo, a cui era stato chiesto di osservare il Discobolus, il punteggio medio era di 61.55, mentre nel gruppo del Pensatore la media era di appena 41.42. Insomma, nonostante i partecipanti dei due gruppi fossero stati scelti a caso, la visione del Pensatore sembrerebbe aver influenzato anche le persone credenti a rispondere alle domande del test sulla fede allo stesso modo dei non-credenti.
Il trucco del carattere di stampa – Ancora più curioso è stato l’esito di un altro esperimento che sfrutta la tendenza, nota agli psicologi, secondo cui le persone si basano meno sull’intuito quando sono alle prese con la lettura di un testo scritto in caratteri difficili da leggere. A due gruppi di persone è stato sottoposto lo stesso test teso a misurare la loro fede in agenti soprannaturali come Dio o gli angeli, variando semplicemente il carattere nel quale il test è stato stampato. Ebbene, il gruppo con il carattere di più ardua lettura (del tipo da macchina da scrivere e in corsivo) ha espresso in media una minore fede nell’esistenza di entità religiose rispetto al gruppo che aveva ricevuto il test in un carattere di facile lettura. Ciò in quanto, spiegano gli psicologi, un testo di difficile lettura costringe a una maggiore attenzione da parte del lettore, e alla conseguente attivazione di un pensiero di tipo analitico che sembra, ancora una volta, scontrarsi con la fede e l’intuizione: su una scala da 3 a 21, i partecipanti del gruppo di controllo mostravano una fede superiore di due punti in media rispetto a coloro che avevano risolto il test in condizioni di maggiore analiticità.
Intuizione vs. ragione – Quello che emerge è insomma il fatto che la fede e il pensiero religioso sono strettamente legati all’intuito: quando al pensiero intuitivo si sostituisce un pensiero più riflessivo e analitico, anche la fede sembra esserne scossa. Secondo Joshua Greene, psicologo ad Harvard, la rigorosa metodologia degli esperimenti dimostra la validità dell’ipotesi di fondo: “Ciascuno degli esperimenti può essere reinterpretato, ma quando si hanno diversi tipi di evidenza che puntano tutti nella stessa direzione è davvero impressionante”. Ma aggiunge: “Ovviamente, ci sono milioni di persone molto intelligenti e generalmente razionali che credono in Dio. Questo non prova la non esistenza di Dio. Ma pone una sfida ai credenti: se Dio esiste, e se la fede in Dio è perfettamente razionale, allora perché aumentare il pensiero razionale tende a ridurre la fede in Dio?”.