Il gene in grado di combattere l'Alzheimer è stato isolato per la prima volta nella storia nel DNA di una donna colombiana considerata a rischio di ammalarsi. Lo studio è riuscito ad individuare e isolare una rara modifica genetica chiamata "APOE3ch" in grado di proteggere la 73enne dalla malattia – per almeno 30 anni – a cui era comunque a rischio. In Colombia questa possibilità è molto alta a causa di una particolare predisposizione che può portare a sviluppare i primi sintomi dell'Alzheimer già intorno ai 40 anni. Questa particolare modifica genetica ha portato la donna di 73 anni, che nel cervello presentava comunque la sostanza beta-amiloide legata all'Alzheimer, a sviluppare una resistenza alla malattia e a presentare i primi sintomi solo in una fase successiva.
La ricerca è stata pubblicata sul Nature Medicine da Yakeel Quiroz del Massachusetts General Hospital di Boston, che ha sottolineato come questa scoperta potrebbe portare ad un più efficace trattamento della malattia agendo sulla resistenza alla sua aggressività piuttosto che sulla sua causa. "Questo caso è molto speciale" ha commentato Yadong Huang, un neuroscienziato del Gladstone Institutes di San Francisco. "Potrebbe aprire una strada molto promettente sia nella ricerca che nella terapia". Con il termine APOE si indica il fattore di rischio più importante per l'Alzheimer, ma esso è caratterizzato da tre forme comuni: APOE2 diminuisce il rischio, APOE3 non lo influenza e APOE4 aumenta il rischio. Circa la metà delle persone affette da Alzheimer è caratterizzato da almeno una di queste varianti.
La donna protagonista della ricerca è stata individuata tra più di 6.000 colombiani affetti dalla mutazione E280A, una predisposizione che comporta un alto rischio di ammalarsi di Alzheimer con sintomi presenti già dai 40 anni. La donna, però, pur possedendo questa mutazione non ha mostrato sintomi prima dei 70 anni proprio grazie al gene "APOE3ch" che le ha consentito di resistere alla neurodegenerazione e all'accumulo di ammassi neurofibrillari tossici. Grazie a questa scoperta e all'isolamento del raro gene, lo studio potrebbe portare avanti la ricerca su un meccanismo di protezione in grado di rallentare la malattia da trasformare poi in un farmaco.