Il Protocollo di Montreal è servito: il buco nell'ozono sull'Antartico si sta chiudendo e si avvia verso una lenta guarigione che potrebbe prendere diversi decenni, ma che rappresenta un importante risultato di salvaguardia di un elemento del nostro pianeta che ne protegge la superficie dalle radiazioni ultraviolette potenzialmente dannose. Lo afferma uno studio pubblicato su Nature dal Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences della University of Colorado, dove viene spiegato che la chiusura del buco nell'ozono sta portando a importanti cambiamenti nella circolazione atmosferica nell'emisfero australe.
Il risultato è stato ottenuto grazie al trattato internazionale previsto dal Protocollo di Montreal voluto dall’UNEP, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite. Entrato in vigore nel 1989, prevede che i 197 paesi firmatari si impegnino nel contenere i livelli di produzione di sostanze dannose per l'ozono, che sono in grado di distruggere le molecole di ozono trasformandole in ossigeno. Ora il team di ricercatori, analizzando i modelli di circolazione dell'aria, ha scoperto che il buco nell'ozono si è fermato dal 2000 e si starebbe restringendo.
Il secondo buco nell'ozono
Ma se da un lato arriva una buona notizia, dall'altro ne arriva una più preoccupante e misteriosa: sull'Artico si sarebbe aperto un secondo buco nell'ozono che al momento rappresenterebbe un piccolo mistero per i ricercatori. Quello sull'Artico è un fenomeno infatti estremamente raro, probabilmente causato dai forti venti provenienti da occidente, a causa dei quali un vortice polare deve aver bloccato l'aria fredda anche sul Polo nord. Le temperature più fredde consentono la formazione di nuvole d'alta quota, dove le sostanze chimiche prodotte dal lavoro dell'uomo possono distruggere lo strato di ozono. Secondo gli esperti, però, questo secondo buco non sarà un pericolo per l'umanità, a meno che non si sposti verso latitudini più basse, ma si parla di eventualità molto remote.