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Il 39% dei guariti da forme gravi di Covid-19 fatica a tornare alla vita normale

Lo evidenzia uno studio dell’Università del Michigan sulle conseguenze a lungo termine dell’infezione da coronavirus: per il 15% dei pazienti ospedalizzati si è reso necessario un nuovo ricovero entro 60 giorni dalla dimissione. Il 12% dei guariti ha ammesso di non riuscire a svolgere le attività quotidiane.
A cura di Valeria Aiello
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Il 39% dei guariti da forme gravi di Covid-19 fatica a tornare alla vita normale: lo indicano i risultati di un nuovo studio pubblicato sugli Annals of Internal Medicine dai ricercatori dell’Università del Michigan che hanno evidenziato le conseguenze a lungo termine dell’infezione da coronavirus in pazienti che hanno richiesto il ricovero in ospedale e, soprattutto, in coloro che hanno sperimentato la degenza in terapia intensiva. Nei due mesi successivi alla dimissione, quasi il 7% dei pazienti è deceduto, incluso più del 10% dei pazienti trattati in terapia intensiva, mentre nel 15% dei casi si è reso necessario un nuovo ricovero in ospedale.

L’analisi, che ha esaminato le cartelle cliniche di 1.250 pazienti trattati in 38 ospedali statunitensi nel periodo compreso tra il 16 marzo e il 1 luglio, ha messo in luce una serie di problemi di salute andati ben oltre la degenza ospedaliera. Dopo la dimissione, il 41% dei pazienti (488, età media 62 anni) è stato contattato telefonicamente per il follow-up: di questi, più della metà (265 pazienti) ha riferito di essersi rivolto al proprio medico nelle due settimane successive.

In particolare, 159 pazienti hanno riportato sintomi cardiopolmonari, inclusa tosse e dispnea, di cui 92 hanno segnalato la comparsa di nuovi sintomi o di un peggioramento delle condizioni di salute. In 65 hanno indicato la perdita persistente del gusto e dell’olfatto. Più del 14% non aveva malattie croniche prima del ricovero in ospedale e per molti la sola condizione preesistente era l’ipertensione. I ben noti fattori di rischio, quali diabete, malattie cardiovascolari e malattie renali, erano presenti in circa un quarto dei pazienti.

Quasi la metà dei pazienti ha affermato di essere stato emotivamente colpito dalla malattia, inclusa una minoranza che ha affermato di essersi rivolto a uno specialista in salute mentale. Impatto significativo anche tra coloro che avevano un lavoro prima di contrarre l’infezione da coronavirus: il 40% dei guariti ha dichiarato non essere tornato a svolgere la propria mansione a causa del proprio stato di salute e, in alcuni casi, perché rimasto senza lavoro. Al contrario, il 26% di coloro che ha ripreso a lavorare, ha riportato di aver dovuto ridurre il proprio impegno o di avere una mansione più leggera fronte della diversa forma fisica.

Il grande numero di persone che continua ad avere problemi di salute dopo la malattia – ha commentato il dottor Hallie Prescott, autore senior dello studio e e medico di terapia polmonare / critica presso l’Università del Michigan e il VA Ann Arbor Healthcare System – conferisce nuova urgenza allo sviluppo di programmi per promuovere e supportare meglio il recupero”. “I dati del nostro lavoro – ha aggiunto il dottor Vineet Chopra, autore principale dello studio e direttore sanitario del Michigan Medicine, il centro medico l’Università del Michigan – indicano che i costi mentali, finanziari e fisici di questa malattia tra i sopravvissuti sono sostanziali”.

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