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Covid 19

I vaccinati contagiati hanno un rischio dimezzato di sviluppare la Long Covid

Analizzando i dati epidemiologici della pandemia di COVID-19 nel Regno Unito, un team di ricerca dello Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE) ha determinato che nei vaccinati che contraggono il coronavirus SARS-CoV-2 il rischio di Long Covid è praticamente dimezzato. Poiché la doppia dose di vaccino è molto efficace anche nel prevenire l’infezione, il rischio di sintomi persistenti nei vaccinati risulta dunque piuttosto ridotto.
A cura di Andrea Centini
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L'impatto sanitario, sociale ed economico della pandemia di COVID-19 è stato devastante, ma i suoi drammatici effetti rischiano di protrarsi molto più in là della conclusione dell'emergenza (che comunque è ancora in corso). Una delle ragioni è l'ondata di casi di Long Covid attesa dagli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); questa condizione, ancora poco conosciuta, è infatti caratterizzata da una serie di sintomi che perdurano per molti mesi dopo il superamento della fase acuta della COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. Può colpire sia i pazienti che sono stati ricoverati in ospedale che quelli che hanno sviluppato la forma lieve (paucisintomatica) o persino asintomatica dell'infezione. Considerando il numero enorme di contagiati nel mondo – ben 200 milioni secondo la mappa interattiva dell'Università Johns Hopkins – e la percentuale significativa di coloro che sviluppanno la Long Covid, è facile intuire quale possa essere l'impatto futuro. Fortunatamente abbiamo un'arma per proteggerci anche da questa condizione: il vaccino anti Covid, che dimezza il rischio di svilupparla nei pochi che si contagiano pur da vaccinati.

Dagli studi clinici ed epidemiologici è noto che i vaccini offrono una protezione praticamente completa dalla forma grave della COVID-19 e dalla morte per essa; basti pensare che negli Stati Uniti il 99 percento dei morti attuali si registra tra i non vaccinati. Sussiste comunque un certo rischio di contagio, a maggior ragione innanzi a varianti di preoccupazione particolarmente trasmissibili (come la Delta, ex seconda indiana) o con una certa capacità di eludere gli anticorpi neutralizzanti (come la Beta, ex sudafricana). Secondo gli ultimi dati dell'Istituto Superiore di Sanità la protezione dall'infezione resta comunque molto alta, all'88 percento. Ciò significa che una quota di vaccinati può essere infettata dal coronavirus e svilupparne i sintomi. Secondo un nuovo studio condotto dal gruppo di ricerca Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE) del Regno Unito, che analizza approfonditamente i dati dall'inizio della pandemia, è emerso che la doppia dose di vaccino abbatte del 50 percento il rischio di sviluppare la Long Covid nei vaccinati che sfortunatamente contraggono comunque l'infezione.

“In tutte le fasce d'età le probabilità di manifestare i sintomi dell'infezione per più di 28 giorni dopo la vaccinazione è stata approssimativamente dimezzata dalla doppia dose di vaccino”, si legge nel documento Short Report on Long COVID pubblicato nei giorni scorsi dagli scienziati del SAGE. “Dato che gli individui vaccinati hanno un ridotto rischio di infezione in generale, ciò suggerisce che il rischio di Long COVID è sostanzialmente ridotto nei soggetti che hanno ricevuto la doppia vaccinazione”, aggiungono gli esperti britannici. Si tratta di un'ottima notizia, considerando che, in base alle statistiche divulgate dalla professoressa Christina Pagel, docente di ricerca operativa presso lo University College di Londra (UCL), tra il 20 e il 30 percento dei positivi che non necessità di cure ospedaliere sviluppa sintomi della Long Covid che possono protrarsi per mesi.

La fascia di età più colpita è quella tra i 35 e i 69 anni, con donne, operatori sanitari, assistenti sociali, persone delle comunità svantaggiate, anziani e soggetti affetti da obesità più esposti al rischio di Long Covid. Basti pensare che sono stati colpiti dalla condizione ben 122mila operatori sanitari del Regno Unito. Considerando che diversi fra coloro che soffrono della condizione non riescono a tornare alle mansioni precedenti o addirittura non tornano proprio a lavoro, si può ben intuire quale possa essere il costo sociale, economico e sanitario della Long Covid. Secondo le statistiche di SAGE, i sintomi a lungo termine che limitano le attività quotidiane sono stati riscontrati nell'1,2 percento dei giovani adulti e nel 4,8 percento degli adulti di mezza età. I sintomi più comuni sono difficoltà respiratorie, disturbi del sonno, affaticamento, dolori muscolari e nebbia cerebrale, ma secondo la dottoressa Pagel ne sono stati evidenziati più di 200. Fortunatamente grazie al vaccino si può abbattere anche questo rischio.

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