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I ricercatori italiani creano i linfociti T killer che curano la leucemia

I ricercatori italiani del San Raffaele hanno annunciato di essere riusciti a curare la leucemia, ed evitarne eventuali ricadute, grazie alla creazione di linfociti T, modificati geneticamente, infusi direttamente nei pazienti.
A cura di Zeina Ayache
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In occasione dell'annuale Meeting of the American Association for the Advancement of Science, i ricercatori italiani dell'Istituto San Raffaele di Milano e dell'Università di Monaco, con la collaborazione degli scienziati dell'Università di Washington, hanno presentato i dati di uno studio che potrebbe rivoluzionare il settore medico legato alla cura della leucemia e, si spera, dei tumori in generale. Attraverso i linfociti T, gli scienziati sono infatti riusciti a creare una sorta di “vaccino” per i pazienti capace non solo di guarire dalla leucemia, ma anche di evitare che la malattia possa ricomparire. Ma andiamo per punti.

In pratica, spiegano i ricercatori, attraverso una terapia basata sui linfociti T, i pazienti ricevono cellule immuni “killer” che mirano le molecole connesse alla malattia, distruggendole. Nello specifico si tratta dei linfociti T della memoria che sono in grado di innestarsi, espandersi e sopravvivere per lunghi periodi, inoltre possono essere modificati geneticamente in modo da riconoscere ed eliminare le cellule tumorali, così facendo è possibile controllare eventuali ricadute. Il gene è TK è stato anche definito “suicida”.

In cosa consiste la terapia? I ricercatori spiegano che nei test effettuati, i pazienti, malati di leucemia acuta e ai quali era stato trapianto il midollo osseo di un donatore familiare parzialmente compatibile, hanno ricevuto un infusione di linfociti T, sempre del donatore, modificati però geneticamente e trasformati quindi nel gene suicida TK che ha fornito loro un sistema immunitario nuovo che non solo è riuscito a combattere la leucemia, ma ha difeso il paziente da eventuali ricadute.

Solo ulteriori studi permetteranno a questo tipo di cura di essere ancor più efficace e precisa e, si spera in futuro, di essere estesa anche ad altre forme di tumore.

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