I filtri per i selfie fanno male alla cervello: abbiamo paura di come veniamo in foto

Siamo arrivati al punto in cui andiamo dal chirurgo plastico per chiedergli di assomigliare all'immagine di noi stessi che abbiamo creato con i filtri utilizzati per le foto che pubblichiamo sui social network. Quante volte vi è capitato di incontrare dal vivo qualcuno che prima di quel momento conoscevate solo attraverso i social network e di non riconoscerlo e trovarlo meno attraente di quanto potesse sembrare delle immagini pubblicate? I ricercatori fanno sapere che la mania dei selfie sta portando sempre più persone ad avere la fobia del proprio aspetto fisico in relazione all'idea che gli altri possono farsi di noi, questo disturbo si chiama ‘dismorfofobia' e induce a comportamenti fobici-ossessivi che devono essere trattati psicologicamente.
I selfie fanno male al cervello. Le immagini filtrate dei selfie, spiegano i ricercatori, non fanno bene alla nostra salute mentale perché rischiano di farci perdere il contatto con la reltà creando un'aspettativa troppo alta che, una volta che ci guardiamo allo specchio, viene delusa e ci porta a voler chiedere l'intervento di un chirurgo plastico per rimediare a qualcosa di esteriore, quando il problema è interiore.
Boom di chirurgia. Lo studio intitolato “Selfies—Living in the Era of Filtered Photographs” e pubblicato su JAMA Facial Plastic Surgery ha analizzato i dati raccolti dai chirurghi plastici giungendo alla conclusione che il 55% delle richieste di intervento degli ultimi anni nasce proprio dal desiderio di apparire come nei delfie.
La Dismorfia da Snapchat. I ricercatori la chiamano Dismorfia da Snapchat, ma vale per qualsiasi altro social network, il punto in questione sono proprio i filtri che modificano il nostro volto facendoci apparire più attraenti e interessanti e senza imperfezioni: la realtà però è ben diversa e difficile da accettare per alcuni che finiscono per soffrire di veri e propri disturbi psichiatrici.
Cosa fare. In casi come questi, i pazienti devono prendere in seria considerazione un percorso di recupero che miri all'accettazione del sé e alla consapevolezza della realtà, in relazione a quanto mostrano i social network.