I bambini fino a 3 anni trasmettono più facilmente il coronavirus
I bambini più piccoli possono avere maggiori probabilità di trasmettere il coronavirus rispetto ai bambini più grandi. Lo indicano i risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics che ha preso in esame i dati sanitari dell’Ontario, in Canada, valutando i casi di Covid-19 che si sono verificati tra il 1° giugno e il 31 dicembre 2020 in 6.280 famiglie, il cui caso indice aveva meno di 18 anni. Di queste, 1.717 (27,3%) hanno registrato una trasmissione secondaria, con almeno un altro membro della famiglia contagiato entro due settimane dal caso iniziale.
L’analisi, volta a chiarire il ruolo dei bambini nella diffusione virale, ha evidenziato differenze significative nel rischio di trasmissione per gruppi di età (0-3 anni, 4-8, 9-13 e 14-17). In particolare, le maggiori probabilità di diffusione in famiglia sono state riscontrate nei bambini della fascia compresa tra 0 e 3 anni, indipendentemente da fattori come la presenza di sintomi, la riapertura di scuole o asili nido, o l’associazione con focolai scolastici.
“I nostri risultati – indicano il team di ricerca – sono in linea con due studi danesi che hanno indicato che tra i bambini c’è un aumento delle probabilità di trasmissione dell’infezione con la più giovane età. Anche uno studio condotto in Spagna ha mostrato che il più alto rapporto di rischio per la trasmissione è relativo a casi indice di età compresa tra 0 e 2 anni rispetto al gruppo 12-15 anni, sebbene gli intervalli di confidenza di questa analisi fossero ampi”.
Tra i motivi alla base di questa più alta facilità di diffusione da parte dei bambini più piccoli potrebbero esserci differenze nella trasmissione virale, nella manifestazione dei sintomi e nei fattori comportamentali, come ad esempio un maggior numero di contatti diretti. “La carica virale – aggiungono gli studiosi – si sospetta sia un fattore importante che influenza le probabilità di trasmissione, e diversi studi hanno riportato che le cariche virali nei bambini sono simili o superiori a quelle degli adulti”.
Secondo gli autori della ricerca, comprendere l’infettività dei bambini in diverse fasce di età ha implicazioni per la prevenzione delle infezioni all’interno delle famiglie, delle scuole e delle strutture per l’infanzia e può aiutare a ridurre al minimo il rischio di trasmissione secondaria. “Sebbene i bambini non sembrino trasmettere l’infezione alla stessa velocità degli adulti, gli operatori sanitari dovrebbero essere consapevoli del rischio di trasmissione in presenza di bambini piccoli – sottolineano i ricercatori – . Dal momento che può essere difficile e talvolta impossibile isolare i bambini malati, ove possibile dovrebbero essere applicate altre misure di controllo, compreso l’uso di mascherine, un maggiore lavaggio delle mani e la separazione tra fratelli”.