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HIV, rivoluzionario vaccino ‘a mosaico’ genera anticorpi: testato con successo

Un team di ricerca americano ha testato con successo su 400 volontari e 72 macachi un promettente vaccino sperimentale contro l’HIV, in grado di scatenare una risposta immunitaria con la produzione di anticorpi. Viene definito ‘a mosaico’ perché contenente ceppi di diversi virus dell’HIV, responsabile dell’AIDS.
A cura di Andrea Centini
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Un vaccino contro il virus dell'HIV ha dimostrato di scatenare una “robusta” risposta immunitaria nelle persone, inoltre è stato in grado di proteggere dall'infezione il 64 percento delle scimmie in cui è stato testato. Lo hanno messo a punto gli scienziati dell'autorevole Harvard Medical School di Boston, Stati Uniti, che ne hanno dimostrato i promettenti effetti in un duplice esperimento. Nel primo lo hanno iniettato in circa 400 volontari provenienti da Stati Uniti, Thailandia, Ruanda, Sud Africa e Uganda; nel secondo è stato invece testato per immunizzare 72 macachi rhesus (Macaca mulatta), tra i primati più utilizzati nella ricerca scientifica (il fattore rh del nostro sangue deriva proprio dal loro nome).

La peculiarità di questo vaccino – il cui nome sperimentale è Ad26 prime, Ad26 plus gp140 – risiede nel fatto che è stato sviluppato ‘a mosaico', cioè contiene ceppi di più virus dell'HIV, con l'obiettivo di sviluppare un vaccino universale. Come molti altri virus, quello che produce la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) muta molto velocemente, dunque creare una protezione efficace al 100 percento è praticamente impossibile con i vaccini tradizionali. Altre procedure all'avanguardia prevedono lo sviluppo dei cosiddetti ‘anticorpi neutralizzanti', ma è un traguardo ancora lontano per il virus dell'HIV. Un vaccino a mosaico in associazione alle altre terapie già note e alla Prep, la profilassi pre-esposizione, al momento potrebbe rappresentare la soluzione migliore per milioni di persone a rischio.

Nel test sui 400 volontari, come indicato, ha generato una importante risposta immunitaria, cioè ha fatto sviluppare anticorpi specifici per l'HIV, ma ciò non significa ancora che è in grado di proteggere le persone dall'infezione. Proprio per questo sarà effettuato un altro studio clinico (di fase 2b) su 2600 donne che vivono nell'Africa subsahariana, particolarmente esposte al rischio di contrarre la malattia. Nel frattempo, nell'esperimento con i 72 macachi il vaccino ha dimostrato di proteggerne il 64 percento dall'infezione.

“Questi risultati sono un'importante pietra miliare”, ha sottolineato il professor Dan Barouch, l'autore principale dello studio, direttore del Centro per la virologia e la ricerca sui vaccini al Beth Israel Deaconess Medical Center e docente di medicina presso la Harvard Medical School di Boston. “Questi risultati – ha aggiunto lo studioso – dovrebbero essere interpretati con cautela: le sfide nello sviluppo di un vaccino contro l'HIV non hanno precedenti e la capacità di indurre risposte immunitarie specifiche dell'HIV non indica necessariamente che un vaccino proteggerà gli esseri umani dall'infezione da HIV. I risultati dello studio della fase 2b chiamato HVTN705, o ‘Imbokodo', determineranno se questo vaccino potrà proteggere o meno l'uomo dall'infezione dell'HIV”.

Nel mondo ci sono 37 milioni di malati di HIV e si registrano 1,8 milioni nuovi contagi ogni anno. Recentemente un team di ricerca dell'Università di Cagliari ha dimostrato che nelle foglie di una pianta che cresce solo in Sardegna sono state scoperte sostanze in grado di bloccare due enzimi alla base della replicazione del virus dell’HIV. I dettagli della promettente ricerca americana sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The Lancet.

[Credit: whitesession]

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